di Annamaria Villafrate - L'Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 301 del 2019 (sotto allegata) risolve una questione sollevata da un Tribunale, ovvero se è tenuto a inviare la certificazione unica anche quando, per scelta dell'avvocato di portare in compensazione il credito derivante dal gratuito patrocinio con imposte e tasse a suo carico, di fatto non provvede al pagamento del compenso.
Vediamo come ha risposto l'Agenzia delle Entrate:
Il quesito sollevato dal Tribunale
Un Tribunale si rivolge all'Agenzia delle Entrate per trovare risposta al seguente quesito: avendo provveduto a liquidare con decreti di pagamento compensi e diritti in favore di alcuni avvocati ammessi al gratuito patrocinio, taluno dei quali ha optato per la compensazione con i debiti per imposte e contributi con i crediti vantati nei confronti del Tribunale, questi, alla luce della normativa in materia, "chiede chiarimenti in merito alla corretta modalità di certificazione dei compensi liquidati a norma del citato articolo 82 del d.P.R. n. 115 del 2002 ammessi alla compensazione. In particolare, chiede:
- se debba inviare all'Agenzia delle Entrate, entro il 31 ottobre 2019, le Certificazioni Uniche relative ai suddetti compensi, tenuto conto che tali compensi, derivanti da attività di lavoro autonomo abituale, non sono stati assoggettati alla ritenuta d'acconto del 20 per cento;
- le modalità di corretta compilazione della Certificazione Unica 2019 per l'anno d'imposta 2018.
Il Tribunale infatti, in quanto ente pubblico territoriale sostituto d'imposta, ritiene di essere gravato dall'obbligo di compilare e inviare entro il 31 ottobre le CU relative ai compensi degli avvocati liquidati secondo l'art. 82 e seguenti del DPR n. 115/2002, ammessi alla compensazione.
Per l'Agenzia il Tribunale deve inviare la CU
L'Agenzia delle Entrate, in replica al quesito del Tribunale, emette la risposta n. 301 in cui precisa che, per evitare disagi a causa dei pagamenti tardivi dei crediti derivanti dallo svolgimento di attività di gratuito patrocinio
, l'art 1, comma 778 della legge n. 208/2015 riconosce agli avvocati il diritto di portare in compensazione "quanto da essi dovuto per ogni imposta e tassa, compresa l'imposta sul valore aggiunto (IVA), nonché al pagamento dei contributi previdenziali per i dipendenti mediante cessione, anche parziale, dei predetti crediti entro il limite massimo pari all'ammontare dei crediti stessi, aumentato dell'IVA e del contributo previdenziale per gli avvocati (CPA)(…)".Ora, se per detti crediti da portare in compensazione l'art 3 del decreto del Ministero dell'Economia del 15/07/2016 stabilisce che non devono risultare pagati, mentre il combinato disposto degli artt. 25 e 29 co. 5 del DPR n. 600 del 29/09/1973 prevede invece che "le Amministrazioni dello Stato che corrispondono compensi di lavoro autonomo "devono operare all'atto del pagamento una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti", come risolvere questo contrasto?
Per l'Agenzia "In relazione al caso di specie, si fa presente che la circostanza che l'istante, in applicazione dell'art. 1, comma 778, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, non provveda al pagamento materiale dei crediti ammessi in compensazione e, conseguentemente, non applichi la ritenuta d'acconto IRPEF del 20 per cento (...), non fa venir meno la natura di reddito di lavoro autonomo delle somme in esame, né i relativi obblighi di certificazione in capo al Tribunale istante."
Il Tribunale istante dovrà pertanto compilare le certificazioni uniche relative ai suddetti compensi e provvedere alla trasmissione telematica all'Agenzia delle Entrate entro il 31 ottobre 2019, trattandosi di redditi non dichiarabili con la dichiarazione dei redditi precompilata in quanto derivanti da prestazioni di lavoro autonomo rientranti nell'esercizio di arte o professione abituale.
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Scarica pdf Agenzia Entrate Risposta n.301-2019