di Valeria Zeppilli - In un tempo in cui la tecnologia è ormai padrona delle nostre vite, anche gli avvocati non possono più esimersi dal confrontarsi quotidianamente con essa. E non ci si riferisce solo alla digitalizzazione del processo e all'informatizzazione della professione, ma altresì ai nuovi modi di comunicare, che interessano anche i rapporti legale/cliente.
- Avvocati e WhatsApp
- Il mandato scritto firmato non serve
- La consulenza su WhatsApp
- La consulenza su WhatsApp va pagata
Avvocati e WhatsApp
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Si pensi a WhatsApp: quello che era uno strumento utilizzato solo dai giovani per organizzare uscite e feste, è divenuto un mezzo di comunicazione quotidiano per tutti, anche i professionisti.
Così viene spontaneo chiedersi: gli avvocati possono fare consulenza su WhatsApp?
Il mandato scritto firmato non serve
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Innanzitutto partiamo da un importante presupposto: per chiedere una consulenza a un avvocato non serve nessun mandato scritto e firmato, ma gli si può affidare la gestione di una propria problematica (al di fuori del giudizio e delle procedure "codificate" di risoluzione stragiudiziale delle controversie) anche oralmente e quindi, a maggior ragione, con un messaggio WhatsApp.
La consulenza su WhatsApp
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Se non c'è bisogno di particolari formalità, WhatsApp può essere lo strumento utilizzato non solo dal cliente per interpellare l'avvocato ma anche da quest'ultimo per fornire la propria consulenza.
L'unica cosa della quale si dovrà avere premura, nel caso vengano in gioco dati personali, è quella di regolarizzare tutto dal punto di vista della privacy. Sebbene si tratti di un canale anomalo di svolgimento della professione, è sempre bene prestare le dovute cautele.
La consulenza su WhatsApp va pagata
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Il fatto che la consulenza sia resa tramite WhatsApp, in ogni caso, non esonera il cliente dal pagarla.
Infatti, sebbene sia stato utilizzato uno strumento che si presenta come confidenziale, ciò non vuol dire che l'avvocato non stia svolgendo la propria prestazione professionale. In tal senso, poco cambia che il parere sia stato reso con il telefono o su una formale carta intestata.
Al limite, possono variare i costi.
A tal proposito, si consideri che la giurisprudenza ha da tempo e in più occasioni ammesso che gli sms possono costituire elementi di prova (vedi, ad esempio, Trib. Genova del 24 novembre 2016 e Cass. n. 9884/2005), con la conseguenza che, in caso di contestazioni circa il diritto al compenso dell'avvocato, quest'ultimo potrà utilizzarli dinanzi al giudice per ottenere l'accertamento giudiziale del proprio credito.
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