di Annamaria Villafrate - Anche la detenzione per il commercio, la vendita e la somministrazione di farmaci omeopatici integra il reato penale previsto dall'art. 443 c.p. Questa la conclusione a cui è giunta la Cassazione nella sentenza n. 35627/2019 (sotto allegata) con cui annulla senza rinvio quella della corte d'appello. Erra l'imputato nel ritenere non integrato il reato in relazione ai farmaci omeopatici, in quanto privi di efficacia terapeutica. Il farmaco omeopatico infatti è ricompreso dal dlgs. n. 219 del 2006 che attua la direttiva 2001/83/CE sui medicinali ad uso umano, in quanto soggetto a registrazione, in alcuni casi semplificata, ad etichettatura, al rispetto di standard di sicurezza e alla farmaco-vigilanza.
La vicenda processuale
La Corte di appello conferma la decisione del locale Tribunale, con cui D.M.A, titolare della farmacia omonima era stato giudicato colpevole del delitto di cui all'art. 443 cod. pen., per avere venduto alla cliente L.A due confezioni scadute di un medicinale antitumorale e un farmaco omeopatico, anch'esso scaduto e per avere detenuto ai fini del commercio altri 194 farmaci scaduti, metà dei quali omeopatici. Per questa condotta DMA era stato condannato alla pena di giustizia e al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita. Assolti invece anche in primo grado i farmacisti alle dipendenze del D.M.A.
Per i giudice di merito la commercializzazione non conforme del medicinale omeopatico scaduto si era verificata in due giorni distinti, corrispondenti alle date delle prescrizioni mediche, periodo in cui la parte civile aveva acquistato anche l'antitumorale. L'acquirente si era accorta della scadenza dei prodotti durante l'ultimo acquisto, tanto che era tornata in farmacia per contestare l'accaduto e in seguito aveva denunciato il fatto. Nel gennaio dell'anno successivo veniva effettuata una perquisizione nella farmacia che rilevava la presenza di farmaci scaduti, pronti per la vendita, mescolati ad altre preparazioni medicinali non scadute, mentre quelli destinati allo smaltimento erano stoccati in scatoloni in un altro ambiente.
La corte considerava attendibili le dichiarazione della parte offesa, inoltre risultava che la farmacia nello stesso periodo dei fatti aveva venduto altre confezioni dell'antitumorale scaduto. La condotta della farmacia, secondo il giudice di secondo grado, non era riconducibile a mera colposa disattenzione, ma ad un'organizzazione carente, sintomatica di una voluta trascuratezza dei doveri professionali che gravanti sul titolare della farmacia, che in questo modo dimostra di accettare il rischio di compromettere il bene della salute pubblica.
Una lettera prodotta dalla difesa rivelava che erano state fornite ai farmacisti dipendenti della farmacia delle disposizioni in ordine allo smaltimento dei farmaci scaduti, sintomatico della consapevole inidoneità organizzativa della farmacia da parte del titolare, che con tale missiva di dichiarava di voler rimediare a tale inidoneità, solo per salvare le apparenze, visto che poi la comunicazione veniva diffusa in modo da non garantire la conoscenza, ma soprattutto non veniva effettuati successivamente dei controlli per verificare l'adempimento da parte dei dipendenti di quanto in essa disposto.
Ricorre in Cassazione l'imputato rilevando, tra i vari motivi come la maggior parte dei farmaci rinvenuti negli scaffali sono prodotti omeopatici, privi di efficacia terapeutica
Detenzione di medicinali omeopatici scaduti costituisce reato
La Cassazione con sentenza n. 35627/2019 annulla senza rinvio la sentenza impugnata per prescrizione del reato e per quanto riguarda il motivo del ricorso relativo ai farmaci omeopatici precisa che: "Non è minimamente dubitabile, rispetto al quarto motivo, la riconducibilità del farmaco omeopatico al concetto di medicinale, stante l'ampia definizione allo scopo fornita dall'art. 1, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 219 del 2006, che vi include «ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane» (punto 1 della disposizione), nonché «ogni sostanza o associazione di sostanze che può essere utilizzata sull'uomo o somministrata all'uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un'azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica» (punto 2). E' dunque palesemente errato restringere il concetto di medicinale ai soli preparati che svolgono una funzione terapeutica validata, e del resto il decreto legislativo citato - che attua la direttiva europea n. 2001/83/CE, e successive modificazioni, relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano - ricomprende nel suo ambito i prodotti omeopatici, sottoponendoli a procedure di registrazione, in taluni casi semplificata, ed etichettatura, al rispetto di standard di sicurezza e, di regola, a farmaco-vigilanza. Anche il farmaco omeopatico scaduto costituisce dunque un medicinale «imperfetto», nel senso richiesto dall'art. 443 cod. pen.".
Cassazzione sentenza n. 35627-2019