Non può essere trasferito il dipendente che deve assistere un disabile anche se lo spostamento avviene nella stessa unità produttiva

di Annamaria Villafrate - Per la Corte di Cassazione, come esposto nell'ordinanza n. 21670/2019 (sotto allegata) è illegittimo il trasferimento d'ufficio del lavoratore che deve assistere un familiare disabile. Per la Corte non rileva che il nuovo luogo di destinazione lavorativa del dipendente non incida sulla capacità del lavoratore di prestare assistenza al parente. Il divieto di trasferimento infatti opera anche quando avviene nell'ambito della stessa unità produttiva.

La vicenda processuale

La Corte di appello, riformando la decisione del giudice di primo grado, respinge la domanda, con cui M.B ha lamentato la violazione dell'art 33 della legge n. 104/1992 e dell'art. 40 del C.C.N.L., chiedendo venisse accertata la illegittimità del trasferimento dall'ufficio presso cui svolgeva le proprie mansioni. Il giudice di seconde cure ha osservato che, per quanto riguarda la dedotta violazione dell'art. 33, comma 5, I. n. 104/1992, lo spostamento di sede "pur comportando una maggiore distanza tra sede di lavoro e luogo di dimora della persona disabile assistita, non era tale da incidere in maniera negativa sul concreto esercizio del diritto all'assistenza".

Ricorre in Cassazione la lavoratrice, lamentando la violazione dell'art. 33, comma 5, I. n. 104/1992 e dell'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, poiché la sentenza non ha considerato che la norma, con il termine "sede" intende il luogo effettivo di svolgimento del lavoro, senza che il giudice possa valutare in che misura il trasferimento incide sulla effettiva capacità di assistenza della persona disabile e censurando la lettura dell'art. 38 C.C.N.L. effettuata dalla corte di merito. Resiste con controricorso la S.P.A datrice di lavoro.

No al trasferimento del dipendente che deve assistere il disabile, anche se all'interno della stessa unità produttiva

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21670/2019 accoglie il primo motivo del ricorso, cassa la sentenza sul motivo accolto e rinvia alla Corte in diversa composizione anche per le spese.

Per la Cassazione infatti il primo motivo della ricorrente deve essere accolto perché la Corte non si è uniformata al principio di diritto in virtù del quale: "il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente, di cui all'art. 33, comma 5, della I. n. 104

del 1992, nel testo modificato dall'art. 24, comma 1, lett. b), della I. n. 183 del 2010, opera ogni volta muti definitivamente il luogo geografico di esecuzione della prestazione, anche nell'ambito della medesima unità produttiva che comprenda uffici dislocati in luoghi diversi, in quanto il dato testuale contenuto nella norma, che fa riferimento alla sede di lavoro, non consente di ritenere tale nozione corrispondente all'unità produttiva di cui all'art. 2103 cod. civ. (Cass. n. 24015/2017)."

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Scarica pdf Cassazione ordinanza n. 21670-2019

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