di Annamaria Villafrate - La Cassazione, con la sentenza n. 21994/2019 (sotto allegata), nel respingere un ricorso per violazione dell'art. 10 della legge n. 533/1973 ha modo di precisare, dopo un'analisi della normativa in tema di spese di giustizia e di gratuito patrocinio che, quando la causa viene intrapresa per soddisfare un credito di lavoro, l'attore è esonerato solo dal pagamento delle spese necessarie al funzionamento del processo, restando a suo carico quelle legate alla specifica domanda avanzata in giudizio. La gratuità totale è prevista solo se il soggetto è ammesso al gratuito patrocinio.
La vicenda processuale
V.F.F si oppone al decreto del giudice dell'esecuzione del Tribunale di liquidazione dei compensi al C.T.U., S.R incaricata di stimare il compendio pignorato in una procedura espropriativa immobiliare promossa per soddisfare un suo credito di lavoro "nella parte in cui ha posto il pagamento di quei compensi a carico del creditore, adducendo una nozione di gratuità del processo estesa appunto agli atti istruttori, in analogia a quanto previsto per il caso dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato." Il tribunale però respinge l'opposizione richiamando una Cassazione e interpretando come limitate solo agli soli aspetti fiscali le esenzioni o le gratuità previste dal rito del lavoro.
Il soccombente ricorre per ottenere la cassazione di questa ordinanza lamentando la violazione dell'art. 10 della legge n. 533/1973 "invocando la gratuità del processo esecutivo per crediti di lavoro" ovvero l'esenzione anche dal pagamento delle spese per la consulenza tecnica o per remunerare gli ausiliari del giudice.
Per la propria difesa paga la parte
La Corte di Cassazione nel dichiarare improcedibile il ricorso, nella sentenza n. 21994/2019 ha modo di fornire importanti precisazioni sulle spese di giustizia:
- "il processo civile rimane tuttora un processo di parte ed individuale, sicché è principio generale che sia il singolo interessato a provvedere alle spese degli atti che compie o ad anticipare quelle poste a suo carico dalla legge o dal magistrato (e così, prime fra tutte, quelle per gli atti degli ausiliari di quest'ultimo).
- Per quanto riguarda poi l'art. 8 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 in virtù del quale: "1. Ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede e le anticipa per gli atti necessari al processo quando l'anticipazione e' posta a suo carico dalla legge o dal magistrato. 2.Se la parte e' ammessa al patrocinio a spese dello Stato, le spese sono anticipate dall'erario o prenotate a debito, secondo le previsioni della parte III del presente testo unico", la Cassazione precisa che "la gratuità disegnata dalla norma invocata non può che riferirsi ai soli costi del processo civile relativi all'organizzazione complessiva del servizio Giustizia a carico dello Stato, consistenti cioè negli esborsi richiesti al singolo utente per concorso a vario titolo nell'erogazione delle risorse necessarie per rendere possibile in generale il processo e la sua celebrazione (apprestamento delle strutture e loro funzionamento, emolumenti dei funzionari coinvolti, etc...); mentre i costi per le ulteriori attività necessarie in relazione alla specifica domanda (in sede cognitiva o esecutiva) di Giustizia restano a carico dei singoli privati che di quel servizio fruiscono in relazione alla specifica attività."
- In relazione ai costi legati al processo del lavoro la Cassazione precisa poi che la disciplina "volta ad agevolare per quanto possibile l'accesso del lavoratore alla giustizia, aveva tenuto distinte le due tipologie di costi: prevedendo, appunto al suo art. 10, che lo Stato rinunciasse ai primi - quelli per esborsi dovuti alla collettività in conto dell'apprestamento generale o infrastrutturale del servizio giustizia - in ragione dell'oggetto socialmente sensibile della tipologia di controversie; ma solo apprestando un limitato accollo alla collettività per i secondi, appunto mediante quello che al tempo si chiamava gratuito patrocinio per i non abbienti, agli articoli da 11 a 16 (…)."
- Sulla norma che il ricorrente considera violata la Corte precisa quindi che: "l'esenzione prevista dall'art. 10 della legge 11 agosto 1973, n. 533, nella parte in cui esenta dall'imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura gli atti, i documenti ed i provvedimenti del giudizio di cognizione e del processo di esecuzione in materia di lavoro e previdenza o assistenza obbligatorie, si riferisce ai soli esborsi dovuti allo Stato e non agli atti comunque preparatori rimessi all'onere della parte, questi essendo assunti a carico dell'erario esclusivamente in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato."