di Annamaria Villafrate - Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6028/2019 (sotto allegata) respinge il ricorso dell'appellante negando l'accesso civico al Memorandum d'Intesa Italia - Libia che si occupa di gestire i flussi migratori. Quando un soggetto chiede al giudice amministrativo un ordine di esibizione o un'ispezione è suo onere dimostrare l'esistenza dei documenti a cui vuole avere accesso, perché non si può pretendere di far ispezionare gli uffici per cercare provvedimenti o atti di cui si "sospetta" la presenza. Infine diffondere atti relativi ad attività di pubblica sicurezza può pregiudicare e vanificare le azioni intraprese.
- La vicenda processuale
- I motivi dell'appello al Consiglio di Stato
- Accesso civico negato al Memorandum Italia-Libia sull'immigrazione
La vicenda processuale
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Un soggetto ricorre al Consiglio di Stato contro il Ministero dell'Interno e Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, con l'intervento ad adiuvandum della Coalizione Italiana per le Libertà ed i Diritti Civili, per ottenere la riforma della sentenza del TAR del Lazio relativa al diniego all'accesso civico ai sensi del d.lgs. 33/2013, ad atti e documenti che assume detenuti dal Ministero dell'interno e dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, a fronte di parziali dinieghi opposti dall'amministrazione.
In primo grado l'odierno ricorrente impugna innanzi al Tar:
- l'accesso denegato dalla Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere, limitatamente alla parte relativa allo stato di attuazione del Memorandum d'Intesa Italia - Libia del 2 febbraio 2017;
- il riesame denegato dal Responsabile della prevenzione e della corruzione e della trasparenza del Ministero dell'Interno, nella parte in cui limita il diritto all'accesso alle informazioni legate allo stato di attuazione del Memorandum, sia in relazione alle attività che alle specifiche fonti economiche utilizzate.
I motivi dell'appello al Consiglio di Stato
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Il Tar respinge il ricorso suddetto e il ricorrente lo impugna innanzi al CdS, sollevando diversi motivi d'impugnazione e deducendo le seguenti censure:
- contraddizioni tra le argomentazioni della difesa dell'Amministrazione e il provvedimento di diniego dell'accesso civico da cui emergerebbe "l'esistenza di attività d'implementazione del Memorandum";
- motivazione incongrua sulle ragioni del diniego di accesso fondato sulla necessità di evitare un concreto pregiudizio a interessi pubblici;
- insufficienza delle ragioni addotte dal Tar;
- inapplicabilità al caso in esame dell'art. 24 della legge 241/1990, in combinato disposto con gli artt. 2 e 3 del d.m. 415/1994, non trattandosi di accesso ordinario a gli atti;
- errata condanna alle spese da parte del Tar, che avrebbe dovuto compensarle stante la complessità delle questioni sollevate.
I Ministeri chiedono il rigetto dell'appello, ritenendo corrette le conclusioni del Tar. Interviene in via adesiva la Coalizione italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD) che, per quanto riguarda il diritto di accesso, presenta argomentazioni analoghe a quelle avanzate dall'appellante.
Accesso civico negato al Memorandum Italia-Libia sull'immigrazione
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Il Consiglio di Stato rigetta l'appello perché infondato, chiarendo preliminarmente che: "Il Memorandum d'Intesa sottoscritto il 2 febbraio 2017 tra il Governo italiano ed il Governo di Riconciliazione Nazionale dello Stato di Libia è un accordo internazionale che prevede l'assunzione di obblighi reciproci nell'ambito della gestione dei flussi migratori, impegnandosi in particolare i due Stati a cooperare nella predisposizione di campi di accoglienza temporanei in Libia per ricoverarvi i migranti clandestini, nel tempo necessario a rimpatriarli nel paese d'origine, e prevedendosi a tal fine la costituzione di un comitato misto che dovrebbe definire le singole azioni."
Sulle questioni relative all'accesso civico ai documenti sullo stato di attuazione del Memorandum d'Intesa Italia - Libia per il contrasto all'immigrazione clandestina il Consiglio di Stato precisa che: "la diffusione e pubblicazione degli atti di cooperazione espletata in esecuzione di impegni internazionali, pertinenti ad attività dell'amministrazione della pubblica sicurezza, "è suscettibile di ingenerare concretamente situazioni pregiudizievoli in grado di vanificare le misure preventive poste in essere a tutela dell'insieme delle azioni portate avanti."
Sulla questione del diritto di accesso del ricorrente precisa inoltre che: "ancorché l'accesso civico generalizzato non implichi astrattamente l'obbligo della parte di indicare i documenti di cui chiede l'ostensione, al fine di ottenere dal giudice amministrativo un ordine di esibizione o una ispezione è onere dell'interessato, ricorrente ex art. 116 cod. proc. amm., indicare i documenti di cui chiede l'ostensione, non essendo rinvenibili, nel codice o nel d.lgs. 33/2013, disposizioni che consentano al giudice di ordinare l'ispezione di uffici e locali di una pubblica amministrazione al solo fine di cercare documenti di cui si sospetta l'esistenza."
Ne consegue che, chi agisce per contestare il diritto di accesso agli atti, è tenuto a dimostrare l'esistenza di quegli atti, in quanto non sono presenti "nel codice o nel d.lgs. 33/2013, disposizioni che consentano al giudice di ordinare l'ispezione di uffici e locali di una pubblica amministrazione al solo fine di cercare documenti di cui si sospetta l'esistenza."
Scarica pdf Consiglio di Stato sentenza n. 6028-2019• Foto: 123rf.com