di Valeria Zeppilli - Se la giurisprudenza di legittimità, in numerosi precedenti, ha sostenuto un'interpretazione della legge di segno contrario rispetto a quella fatta valere dalla parte in giudizio, quest'ultima deve essere condannata per responsabilità processuale aggravata.
Tale condotta processuale, come emerge dall'ordinanza della Corte di cassazione numero 24649/2019 (sotto allegata), integra infatti un'ipotesi di colpa grave.
Infondatezza della domanda o dell'eccezione
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Del resto, agire o resistere in giudizio con mala fede o colpa grave non vuol dire altro che agire o resistere essendo consapevoli che la propria domanda o la propria eccezione è infondata o senza essersi adoperati con la normale diligenza per acquisire la coscienza che la propria posizione è non ha alcun fondamento.
La vicenda
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Nel caso di specie, la parte aveva persistito nella propria posizione nonostante la Corte di cassazione avesse già deciso numerosissimi giudizi, tutti identici e vertenti tra le stesse parti, in maniera differente.
Inoltre, si era difesa in Cassazione con una memoria di costituzione anziché con un controricorso e aveva introdotto un'opposizione manifestamente tardiva.
La colpa grave
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Per i giudici, delle condotte che si pongono in maniera così distante dai principi giuridici pacifici, risalenti e più volte affermati costituiscono "un'ipotesi (almeno) di colpa grave, consistente nel non intelligere quod omnes intelligunt".
La condanna
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Con questa severa critica, la Corte di cassazione ha quindi disposto la condanna d'ufficio della parte, ai sensi del comma 3 dell'articolo 96 c.p.c., a pagare in favore della controparte, a titolo di risarcimento danni, una somma equitativamente fissata, ai sensi dell'articolo 1226 c.c., in 2.500 euro.
Scarica pdf ordinanza Cassazione numero 24649/2019• Foto: 123rf.com