Il suddetto principio è stato espresso dalla Sezione tributaria della Cassazione, nella recente ordinanza n. 7966/2019.
Ai sensi dell'articolo 19 della legge 74/1987 tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti, anche esecutivi e cautelari, diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di mantenimento del coniuge o dei figli, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.
La vicenda
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La Suprema Corte, ha ribadito che l'alienazione di un'abitazione in adempimento agli obblighi derivanti da un accordo di separazione non comporta la decadenza dall'agevolazione prima casa.
Il caso è' stato portato all'attenzione della Corte a seguito di un ricorso di un contribuente al quale erano state revocate le agevolazioni relative all'acquisto della prima casa in conseguenza della vendita, prima del quinquennio, in ragione degli accordi stipulati in sede di separazione consensuale.
Il ricorso veniva accolto in primo grado ma, in appello si stabiliva che "la revoca del beneficio fiscale non contrasta l'intassabilità delle disposizioni cui i coniugi pervengono in occasione della separazione, sia perchè la cessione dell'immobile non avviene attraverso l'omologazione della separazione, sia perchè non vi è qui tassazione in atto occasionata dalla crisi coniugale, bensì la revoca di un precedente beneficio fiscale".
Il Giudice di Appello ha motivato affermando che la cessione non avveniva attraverso l'omologazione della separazione ed inoltre, che non si trattava della tassazione di un atto bensì della revoca di un precedente beneficio fiscale.
La decisione
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La Corte di Cassazione cassava la suddetta pronunzia, chiarendo che l'esenzione di cui all'articolo 19 della legge 74 spetta per tutti gli atti esecutivi degli accordi intervenuti tra i coniugi in esito alla separazione personale o allo scioglimento del matrimonio, e ciò in virtù della natura di "negoziazione globale" della liquidazione del rapporto coniugale per il tramite di contratti tipici in funzione di definizione non contenziosa, i quali rinvengono il loro fondamento nella centralità del consenso dei coniugi.
Il principio di portata generale sarebbe quindi applicabile anche al caso in oggetto, non essendo prevista alcuna distinzione tra atti eseguiti all'interno della famiglia e atti eseguiti nei confronti di terzi. Quindi, il trasferimento dell'immobile prima del decorso del termine di cinque anni dall'acquisto, se effettuato in favore del coniuge in virtù di una modifica delle condizioni di separazione, pur non essendo riconducibile alla forza maggiore, non comporta la decadenza dai benefici fiscali, attesa la "ratio" della L. n. 74 del 1987, articolo 19, che è quella di favorire la complessiva sistemazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi in occasione della crisi, escludendo che derivino ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in tale sede.
In effetti l'atto stipulato dai coniugi in sede di separazione personale (o anche di divorzio) e comportante la vendita a terzi di un immobile in comproprietà e la successiva divisione del ricavato, pur non facendo parte delle condizioni essenziali di separazione rientra sicuramente nella negoziazione globale dei rapporti tra i coniugi ed è, pertanto, meritevole di tutela, risiedendo la propria causa nello "spirito di sistemazione, in occasione dell'evento di separazione consensuale, dei rapporti patrimoniali dei coniugi" sia pure maturati nel corso della convivenza matrimoniale.
Trasferimento immobiliare tra coniugi: ratio e orientamenti
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La sentenza in esame ha precisato che il principio espresso dalla stessa Cassazione (n. 2111 del 2016) con riferimento ad un trasferimento immobiliare avvenuto all'interno del nucleo familiare è di portata assolutamente generale e, dunque, non può non estendersi anche all'ipotesi per cui è causa, nella quale i coniugi si sono determinati, in sede di accordi conseguenti alla separazione personale, a trasferire l'immobile acquistato con le agevolazioni per la prima casa ad un terzo.
Infatti, l'art. 19 della I. n. 74 del 1987 dispone in via assolutamente generale l'esenzione dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa degli atti stipulati in conseguenza del procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio e, a seguito di quanto espresso dalla Corte Costituzionale in sentenza n. 154 del 1999, anche del procedimento di separazione personale tra coniugi, senza alcuna distinzione tra atti eseguiti all'interno della famiglia e atti eseguiti nei confronti di terzi. La ratio della menzionata disposizione è senza dubbio quella di agevolare la sistemazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi a seguito della separazione o del divorzio.
Per la Suprema Corte recuperare l'imposta in conseguenza dell'inapplicabilità dell'agevolazione fiscale sulla prima casa da parte dell'Erario significherebbe sostanzialmente imporre una nuova imposta su di un trasferimento immobiliare avvenuto in esecuzione dell'accordo tra i coniugi e, pertanto, andare palesemente in senso contrario alla ratio della disposizione.
Un orientamento più risalente nel tempo della Corte di Cassazione (sentenza n. 2263 del 2014) aveva stabilito che l'esenzione da imposte e tasse si applicava solo se i soggetti che eseguivano gli atti derivanti dagli accordi erano gli stessi coniugi che hanno concluso i suddetti accordi e non anche terzi. Tale orientamento è oggi da ritenersi come completamente superato.
La sentenza n. 7966 del 2019, a parere dello scrivente, ha correttamente colto la ratio della norma ovvero quella di agevolare la sistemazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi a seguito della separazione o del divorzio senza che ciò diventi eccessivamente oneroso per le parti.
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