di Lucia Izzo - L'Amministratore di sostegno che abbia la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario della persona amministrata, accertata la volontà della persona amministrata (anche in via presuntiva, alla luce di dichiarazioni rese in passato), è pienamente abilitato a rifiutare le cure proposte anche in assenza di testamento biologico.
L'intervento del Giudice tutelare si ritiene necessario solo in presenza di pareri contrari da parte delle persone legittimate ex art. 3, comma 5, della legge n. 219/2017 (es. medici e parenti).
Lo ha chiarito l'Ufficio del Giudice Tutelare del Tribunale di Roma con un provvedimento del 23/9/2019 (sotto allegato) di "non luogo a provvedere" relativamente all'istanza presentata dall'amministratore di sostegno, nel caso di specie anche compagno, di una signora di 62 anni in stato vegetativo irreversibile dal dicembre 2017.
- Il caso
- La pronuncia della Corte Costituzionale
- Amministratore di sostegno e decisione di rifiutare le cure
- La volontà del paziente in primo piano
- Corte costituzionale: non è sempre punibile chi agevola il suicidio
- Parlamento: riprendono i lavori sul fine vita
Il caso
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L'istanza, presentata al giudice da parte dell'amministratore, era volta a ottenere un'autorizzazione espressa a interrompere i trattamenti nei confronti della paziente, posto che la stessa aveva sempre dichiarato che qualora fosse accaduto a lei di trovarsi in stato vegetativo mai avrebbe voluto vivere in quella situazione.
Convinzioni note a tutti coloro che facevano parte della sfera più intima della signora (la madre, le figlie, le sorelle, il fratello, l'ex marito), persone che possono ricostruire il suo volere e che per questo vengono indicate dall'Amministratore di sostegno nell'istanza volta proprio a dimostrare la certa volontà della paziente e a ottenere di poter procedere, previo percorso di cure palliative e sedazione profonda, al distacco dei trattamenti ai sensi della legge n. 219/2017.
La pronuncia della Corte Costituzionale
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L'innovativa pronuncia, affermando che l'Amministratore con rappresentanza esclusiva in ambito sanitario possa rifiutare le cure mediche anche in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT), compie un ulteriore passo in avanti rispetto alla decisione n. 144/2019 della Corte Costituzionale dello scorso 14 marzo.
In tale pronuncia e in base all'esegesi dell'art. 3, commi 4 e 5, della legge n. 219/2017, i magistrati della Consulta avevano chiarito che il conferimento della rappresentanza esclusiva in ambito sanitario non reca con sé, anche e necessariamente, il potere di rifiutare i trattamenti sanitari necessari al mantenimento in vita.
Per la Corte, infatti, spetta al giudice tutelare attribuire tale potere all'amministratore in occasione della nomina, laddove in concreto già ne ricorra l'esigenza (perché le condizioni di salute del beneficiario sono tali da rendere necessaria una decisione sul prestare o no il consenso a trattamenti sanitari di sostegno vitale), oppure successivamente, allorché il decorso della patologia del beneficiario specificamente lo richieda.
Amministratore di sostegno e decisione di rifiutare le cure
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Invece, secondo il giudice capitolino, ai sensi dell'3 della legge n. 219/2017, laddove, come nel caso di specie, l'amministratore di sostegno abbia la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario della persona amministrata il consenso informato, in assenza di contrasti, è espresso esclusivamente dal medesimo amministratore.
In conclusione, quest'ultimo, accertata la volontà della persona amministrata (anche in via presuntiva, alla luce delle dichiarazioni rese in passato dall'amministrata, anche alla presenza dello stesso amministratore) in merito al trattamento sanitario in questione, si ritiene pienamente abilitato a rifiutare le cure proposte.
In sostanza, in base a tale ricostruzione e in assenza di contrasti, il giudice non potrà assumere alcuna determinazione in ordine all'eventuale autorizzazione dell'amministratore di sostegno a disporre la sospensione della terapia che assume rifiutata.
La volontà del paziente in primo piano
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"Con questo provvedimento, il Giudice Tutelare riconosce il rilievo della volontà del cittadino, che va rispettata ed eseguita, quando non può manifestarla, tramite il potere/dovere dell'Amministratore di Sostegno di ricostruire e far valere la decisione della paziente, senza necessità - in assenza di contestazioni da parte di familiari e/o medici - di ulteriori ricorsi o autorizzazioni da parte del Tribunale" hanno dichiarato i legali dell'Associazione Luca Coscioni che hanno seguito il caso (Filomena Gallo, Angioletto Calandrini, Massimo Clara, Cinzia Ammirati).
"Con questa importante pronuncia - hanno soggiunto i legali - il Tribunale mette in primo piano la volontà della persona, evitando che, come nel caso Englaro, per anni si sia costretti a combattere nei Tribunali per vederla riconosciuta. Il Giudice Tutelare ha confermato la portata della legge 219/17 sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento (DAT): la volontà della persona malata, non più capace di esprimersi, è stata conosciuta e ricostruita, perché espressa in precedenza anche in assenza di testamento biologico".
Corte costituzionale: non è sempre punibile chi agevola il suicidio
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Pochi giorni dopo la pronuncia del Tribunale di Roma, è giunta anche un'importantissima sentenza in materia di fine vita da parte della Corte Costituzionale che si è pronunciata sulla vicenda che ha visto coinvolto Marco Cappato, imputato ex art. 580 c.p. per aver accompagnato in Svizzera Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, affinché quest'ultimo, tetraplegico dopo un tragico incidente, potesse sottoporsi al suicidio assistito.
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La Consulta, dopo aver concesso un anno di tempo al Parlamento per legiferare in materia di eutanasia, nel silenzio delle Camere è giunta ad affermare che non è punibile, ai sensi dell'articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
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Parlamento: riprendono i lavori sul fine vita
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E dopo il dictum dei Giudici costituzionali, qualcosa potrebbe iniziare (finalmente) a muoversi anche in Parlamento: "la prossima settimana riprendiamo i lavori sul fine vita", ha affermato Francesca Businarolo, presidente della Commissione Giustizia della Camera.
Businarolo ha precisato, infatti, che il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Devis Dori, ha chiesto di stabilire una data dell'ufficio di presidenza congiuntamente alla commissione Affari sociali. "Ricordo che sono già state fatte numerosissime audizioni e che ora, con nuove condizioni politiche e la bussola della sentenza della Corte Costituzionale, possiamo portare avanti il nostro compito con maggiore serenità" ha concluso.
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