di Annamaria Villafrate - La Corte Europea, con la sentenza del 17 ottobre nel caso López Ribalda And Others V. Spain (sotto allegata in lingua inglese) dà il via libera al datore di lavoro che, dopo aver notato una discrepanza tra stock e vendite, sospettando dei propri dipendenti, installa telecamere nascoste. Il grave sospetto di furto, l'installazione in un luogo aperto al pubblico le riprese limitate alle casse non hanno violato la privacy dei dipendenti, che è massima nei bagni, nei guardaroba o in spazi ristretti come gli uffici. I giudici nazionali, che hanno respinto i ricorsi dei dipendenti responsabili, che hanno lamentato il mancato preavviso della installazione delle telecamere, non hanno mai superato il loro potere discrezionale nel giudicare il caso di specie, poiché il grave sospetto di comportamenti illeciti sul posto di lavoro, giustificano tale misura.
La vicenda processuale
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Tutto ha inizio nel 2009, quando il direttore del supermercato, dopo aver rilevato irregolarità tra lo stock del negozio e le vendite, decide d'installare delle telecamere a circuito chiuso nel giugno dello stesso anno. Dopo l'installazione delle telecamere e la conferma ai suoi sospetti, il direttore convoca quindi i cassieri e gli addetti alle vendite e mostra un rappresentante sindacale il filmato. Quattordici dipendenti vengono licenziati poiché le riprese rivelano che hanno rubato merce dal supermercato e aiutato altre persone a sottrarre prodotti in vendita.
I licenziamenti vengono considerati legittimi dai tribunali nazionali, cinque dei dipendenti licenziati però decidono di ricorrere alla Corte di Strasburgo. Il diritto spagnolo prevede infatti l'obbligo preventivo di informare i dipendenti della volontà di attivare un sistema di videosorveglianza, obbligo che nel loro caso è stato violato dal datore di lavoro. Chiedono quindi che venga accertata la violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che tutela il diritto alla privacy.
Il principio di proporzionalità
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La Corte Europea però ritiene che i tribunali spagnoli abbiano identificato nel modo corretto gli interessi in gioco perché, se da un lato i dipendenti hanno il diritto a vedere tutelata la loro privacy, il datore di lavoro ha il pari diritto di tutelare la sua proprietà e il regolare svolgimento della sua attività. Il sospetto di furto inoltre giustifica pienamente il diritto di costui a installare le telecamere.
Occorre evidenziare altresì che, se la tutela della privacy deve considerarsi massima all'interno di spogliato e bagni, o di spazi ristretti come gli uffici, lo è in misura ridotta in luoghi visibili e accessibili a colleghi e clienti. La sorveglianza inoltre, nel caso di specie, è durata solo 10 giorni e le registrazioni sono state viste da un numero limitato di persone, per cui la violazione della privacy dei dipendenti non ha raggiunto livelli elevati di serietà.
Un leggero sospetto di illecito da parte di un dipendente non giustifica certamente l'installazione di telecamere nascoste da parte del datore. In questo caso però il sospetto di grave colpa, ma anche la misura delle perdite subite, giustificano l'iniziativa del datore, tanto più se si tratta di un'azione illegale concertata da più persone.
In conclusione, la videosorveglianza messa in atto dal datore di lavoro, per le modalità con cui si è realizzata, non ha violato nessuna norma della Convenziona Europea dei Diritti dell'uomo.
Il parere del nostro Garante
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In un comunicato stampa, il Garante della privacy Antonello Soro, si esprime sulla sentenza evidenziando come la stessa non autorizzi l'uso indiscriminato delle telecamere da parte del datore di lavoro. Al contrario, ne ammette l'uso solo in presenza di motivi gravi, confermando in questo modo il necessario rispetto del principio di proporzionalità per scongiurare la violazione del diritto alla privacy dei lavoratori.
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Scarica pdf Cedu-Lopez-Spain- sentenza in inglese• Foto: 123rf.com