Tale uso incessante, se da un lato può provocare seri problemi di inclusione del singolo nella società reale, dall'altro può essere considerato un valido strumento, per i professionisti e non solo, di farsi pubblicità e di diffondere le proprie abilità in qualsiasi parte del mondo con un solo click.
Tale tipo di processo riguarda anche il settore dell'Avvocatura, rappresentando il nodo centrale della sua modernizzazione, al punto tale da richiedere una specifica regolamentazione della materia dal punto di vista deontologico.
- L'intervento del Cnf
- Il nuovo art. 35 del Codice Deontologico
- La presenza sui social network
- Le norme europee
- Conclusioni
L'intervento del Cnf
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Qualche tempo fa, il divieto dell'utilizzo dei siti web nel caso di reindirizzamento di contenuti di carattere commerciale e/o pubblicitario appariva alquanto illogico e anacronistico, tuttavia, recentemente, un intervento del Consiglio Nazionale Forense ha introdotto una modifica consentendo, seppur in maniera limitata e controllata, l'utilizzo degli stessi.
In particolare, la nuova formulazione dell'art. 35 del C.d.f. (approvato dal CNF il 23 ottobre 2015 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°. 102 del 3 maggio 2016), rappresenta un passaggio molto importante al fine di confermare che il rispetto di un'etica non può essere considerata sacrificabile neanche di fronte a possibili scenari economici più accattivanti.
Il nuovo art. 35 del Codice Deontologico
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Il testo nuovo testo recita, infatti, al primo comma: "L'avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell'obbligazione professionale".
La delibera del 22 gennaio 2016 ha provveduto a modificare il predetto comma inserendo l'inciso: "quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse".
La modifica è tesa a chiarire la portata dell'art. 35, che disciplina il dovere di corretta informazione, eliminando il riferimento specifico ai siti web e ammettendo la stessa purchè avvenga nel rispetto dei doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza.
La presenza sui social network
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Quindi, mentre in passato, era previsto che l'avvocato potesse usare, a fini informativi, siti web con domini propri e senza alcun reindirizzamento, previa comunicazione al Consiglio dell'Ordine di appartenenza, oggi è prevista la possibilità per il professionista di utilizzare un profilo Facebook
, Linkedin o Twitter appoggiandosi sempre su un dominio appartenente ad una società esterna, ovvero quella titolare del social network.L'indirizzo del sito web non dovrebbe indicare altri nomi se non quello dell'avvocato o del suo studio o della società di avvocati.
L'avvocato, inoltre, può utilizzare un profilo Facebook o simili per scopi personali o familiari purchè non sia rivolto a dare informazioni sulla sua attività professionale, anche se, in ogni caso, non è esonerato dall'obbligo di improntare la sua condotta sui caratteri della dignità e decoro.
In una società sempre più assediata da cambiamenti di natura sostanziale e interventi legislativo a livello processuale, anche la categoria degli avvocati sta perdendo sempre più quella caratteristica nobile di cui godeva un tempo, in questo contesto anche il problema della pubblicità e delle varie forme di ricerca della clientela rappresenta un nodo di principale interesse.
Occorre capire fino a che punto tale processo potrà arrecare danni alla categoria dei dei professionisti legali, erodendo gli antichi dogmi, rendendo la stessa sempre più simile a quella degli imprenditori commerciali.
Le norme europee
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Anche a livello europeo, infatti, l'art. 24 della Direttiva CE n°. 123/2006 dispone che : "gli stati membri provvedono affinchè le comunicazioni commerciali che emanano delle professioni regolamentate ottemperino alle regole professionali, in conformità del diritto comunitario, riguardanti, in particolare, l'indipendenza, la dignità e l'integrità della professione nonché il segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione. Le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali sono non discriminatorie, giustificate da motivi imperativi di interesse generale e proporzionate".
Il Decreto Legislativo n. 59 del 26.3.2010 ha attuato tale direttiva riportando le medesime indicazioni all'art. 34.
Un ulteriore intervento del CNF ha modificato anche l'art. 35, inserendo al primo comma il seguente inciso: "quale che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse", pertanto, il nuovo art. 35 dispone che: "l'avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell'obbligazione professionale"; nel medesimo intervento è stato eliminato al comma 9, il quale stabiliva che : "l'avvocato può utilizzare, a fini informativi, esclusivamente i siti web con domini propri senza reindirizzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell'Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del sito stesso".
Inoltre, è stato eliminato anche il successivo comma 10 che prevedeva: "l'avvocato è responsabile del contenuto e della sicurezza del proprio sito, che non può contenere riferimenti commerciali o pubblicitari sia mediante l'indicazione diretta che mediante strumenti di collegamento interni o esterni al sito".
In altre parole, qualsiasi mezzo è ammesso, quindi, anche i siti web con o senza reindirizzamento, purchè il loro utilizzo avvenga nel rispetto dei giusti doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell'obbligazione professionale.
A spazzar via qualsiasi dubbio interpretativo su questo punto, sono benvenute le abrogazioni citate in precedenza, fermo restando che ogni contegno sia ispirato al decoro e alla dignità.
Resta, per ultimo, di dubbia interpretazione se sia o meno corretto l'inserimento nel sito di banner o link.
Conclusioni
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In conclusione è arrivato il momento che anche gli studi legali valorizzino questa grande opportunità di comunicazione e networking, differenziandosi verso un progresso tecnologico, sicuramente è giusto che i principi cui è ispirato il Codice deontologico maturino con i tempi, non sarebbe opportuno difendere ad oltranza un'idea pressocchè ottocentesca, ma resta comunque salvo l'obbligo per l'avvocato di rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, connessi alla professione legale.
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