di Annamaria Villafrate - Non spetta alla ex moglie che ha deciso di cessare la sua attività libero professionale di avvocato per insegnare al fine di occuparsi dei figli minori, l'aumento dell'assegno di mantenimento che l'ex marito deve corrisponderle per la prole. A stabilirlo è l'ordinanza n. 26593/2019 della Cassazione (sotto allegata), che respinge il ricorso avanzato dalla ex moglie perché nel contestare la sentenza del giudice d'Appello non specifica le contestazioni relative alla valutazione della sua situazione reddituale.
- La vicenda processuale
- Le contestazioni sulla situazione reddituale
- Niente aumento per i figli alla ex avvocata che insegna per curare la prole
La vicenda processuale
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Il Tribunale dichiara la separazione di due coniugi, dispone l'affido condiviso dei figli minori con collocamento presso la madre, a cui viene assegnata la casa coniugale. A carico dell'ex marito viene posto un assegno mensile di 2000 euro per il mantenimento dei figli e uno di 1.500 euro per la ex moglie.
La Corte d'Appello rigetta il ricorso con cui la ex moglie chiede che l'assegno per il mantenimento per i figli sia portato a 3000 euro mensili e che vengano poste totalmente a carico del marito, e non nella misura dell'80%, le spese straordinarie per la prole. Per il giudice di secondo grado infatti la somma stabilita dal giudice di primo grado per il mantenimento dei figli è congrua, in relazione ai redditi dei coniugi (l'uomo è dirigente d'azienda con stipendio annuo di 130.000 euro, mentre la moglie è insegnate precaria).
Ricorre in Cassazione la ex mogli lamentando la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c relativamente alla valutazione della prova della sua situazione reddituale.
Le contestazioni sulla situazione reddituale
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La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile con ordinanza n. 26593/2019. La donna nel ricorso non contesta infatti la decisione della Corte per quanto riguarda l'applicazione del criterio sancito dall'art. 148 c.c. "secondo cui i genitori devono concorrere al mantenimento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo."
Ella contesta piuttosto l'affermazione del giudice di secondo grado secondo la quale la donna "nell'attualità, sulla base dei risconti forniti dalla controparte all'udienza del 19 gennaio 2017, risulta prestare attività di lavoro quale docente di economia e diritto presso il liceo scientifico X, circostanza che la parte non aveva rappresentato in giudizio e il cui corrispettivo economico non risulta pertanto noto."
Niente aumento per i figli alla ex avvocata che insegna per curare la prole
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Gli Ermellini però respingono le doglianze della ricorrente perché non contraddice nello specifico le ragioni del contrasto di tali affermazioni con gli articoli 115, 116 e 214 c.p.c relativamente all'art 360 n. 4 c.p.c. La Corte in effetti si è limitata a rilevare come la donna ha svolto dal 2006 al 2008 attività libero professionale di avvocata, cessata nel 2009, anno in cui è nato il secondo figlio e in cui la società per cui lavorava si è trasferita, fatto che ha le reso impossibile conciliare lavoro e impegni familiari. Il giudice ha anche dato atto dello svolgimento dell'attività di docente, senza rilevare nulla sul reddito percepito e sulla stabilità di questo impiego. E' evidente quindi che per quanto riguarda il documento prodotto all'udienza del 19 gennaio 2017, la Corte ha ritenuto rilevante, non però in via esclusiva, tale documento e ha ritenuto superfluo indagare ulteriormente sulla situazione reddituale della donna.
In conclusione quindi non spetta un assegno più alto per il mantenimento dei figli alla ex moglie se la stessa ha scelto di cessare l'attività libero professionale di avvocato per insegnare in un liceo, anche se la sua situazione lavorativa è precaria.
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Scarica pdf Cassazione civile ordinanza n. 26593-2019• Foto: 123rf.com