di Valeria Zeppilli - Quando le possibilità di sopravvivenza del paziente sono molto basse, il medico che non ha compiuto tutte le manovre richieste per rianimarlo non può essere considerato penalmente responsabile.
A dirlo è la Corte di cassazione, nella sentenza numero 41893/2019 sotto allegata.
La vicenda
Nel caso di specie, l'imputato era un medico del 118 che, giunto sul luogo della chiamata, non aveva compiuto la rianimazione cardiopolmonare su un paziente colpito da infarto, ritenendo che le possibilità per l'uomo di salvarsi erano poche.
Assolto in primo grado e condannato in secondo, il medico ha ottenuto l'assoluzione definitiva da parte della Corte di cassazione, che ha applicato il giudizio controfattuale, in forza del quale il nesso di causalità tra l'omissione del sanitario e il decesso del paziente deve essere dimostrato sulla base di un giudizio di alta probabilità logica. Non basta, invece, il solo coefficiente di probabilità statistica.
L'altro grado di probabilità razionale
Più precisamente, per la Corte di cassazione ciò che conta, ai fini dell'assoluzione del medico, è che il suo intervento non avrebbe potuto salvare il paziente "con l'alto grado di credibilità razionale e, cioè, di elevata probabilità logica o probabilità prossima alla certezza richiesto, secondo l'elaborazione giurisprudenziale, ai fini della configurabilità del nesso causale".
Dato quindi che "Le esigue percentuali di salvezza ricollegate al comportamento doveroso omesso non consentono … di affermare che, se tale condotta fosse stata tenuta, l'evento non si sarebbe verificato con probabilità confinante con la certezza né in considerazione del sapere scientifico né alla luce della caratterizzazione del fatto storico" il sanitario non può essere condannato.
Scarica pdf sentenza Cassazione numero 41893/2019