di Valeria Zeppilli - Il medico specializzando non può essere considerato solo un soggetto in formazione: egli ha già conseguito la laurea in medicina e, pur avendo un'autonomia d'azione limitata, quando compie delle attività mediche può ben essere chiamato a risponderne penalmente.
Lo specializzando non è un mero esecutore di ordini
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A sottolinearlo, ribadendo un orientamento consolidato nella giurisprudenza penale, è la sentenza numero 26311/2019 della Corte di cassazione, che ha affermato che lo specializzando "non può essere considerato un mero esecutore d'ordini del tutore anche se non gode di piena autonomia".
Autonomia vincolata
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Da un lato, la circostanza che si tratti di medico, seppur specializzando, determina l'impossibilità di disconoscere che, comunque, una certa autonomia gli deve essere riconosciuta; dall'altro lato, la circostanza che è in corso la sua formazione specialistica comporta che, in ogni caso, ogni attività deve essere sempre svolta sotto le direttive del tutore.
Insomma: gli specializzandi hanno un'autonomia che è vincolata ma che, allo stesso tempo, non può che ricondurre agli stessi le attività compiute direttamente.
La colpa per assunzione
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Di conseguenza, il medico specializzando che è chiamato a compiere delle attività che non è in grado di compiere, o che non si ritiene in grado di compiere, deve rifiutarne lo svolgimento.
In caso contrario, se ne assume la responsabilità sotto tutti i punti di vista.
Ci si trova, in sostanza, di fronte a un'ipotesi di colpa per assunzione che, come ricordato dalla stessa Corte di cassazione, è ravvisabile in colui che "cagiona un evento dannoso essendosi assunto un compito che non è in grado di svolgere secondo il livello di diligenza richiesto all'agente modello di riferimento".