di Annamaria Villafrate - La Cassazione con sentenza n. 44634/2019 (sotto allegata) annulla l'ordinanza del tribunale che aveva revocato i domiciliari per la bidella nei cui confronti erano emersi gravi indizi in relazione alla sua condotta omissiva e commissiva finalizzata alla integrazione del reato di maltrattamenti, per non aver impedito alle maestre dell'asilo in cui operava di maltrattare i bambini e per avere essa stessa compiuto gesti vessatori, di violenza e di scherno nei confronti di alcuni alunni.
- La vicenda processuale
- Il ricorso del Procuratore
- Domiciliari anche la bidella che non impedisce alle maestre di maltrattare i bambini
La vicenda processuale
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Il Tribunale del riesame, dopo aver riqualificato il fatto contestato ai sensi dell'art 571 c.p. ossia come abuso dei mezzi di correzione, annulla l'ordinanza del GIP, che impone gli arresti domiciliari per il reato di maltrattamenti previsto dall'art 572 c.p. perpetrato ai danni degli alunni di una scuola di infanzia in cui l'indagata svolgeva attività di collaboratrice scolastica. All'indagata è stata contestata la condotta omissiva di non essersi opposta ai maltrattamenti che la maestra infliggeva ai suoi alunni, nonostante le sue mansioni prevedessero l'obbligo di vigilare sui bambini e di aver altresì percosso, urlato e deriso personalmente in diverse occasioni alcuni di essi.
Per il Tribunale del riesame, alle maestre non poteva imputarsi il reato di maltrattamenti, stante l'assenza della sistematicità richiesta per la configurazione dello stesso, quanto piuttosto l'illecito dell'abuso dei mezzi di correzione poiché gli episodi, peraltro poco sopra la soglia della lievità, erano pochi e si erano tradotti in uno schiaffo alla nuca di un bambino e in qualche strattonamento. Ritenendo che l'abuso dei mezzi di correzione non prevede l'applicazione di alcuna misura cautelare, il Tribunale revocava quindi l'ordinanza del GIP.
Il ricorso del Procuratore
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In disaccordo con le conclusioni del Tribunale, il Procuratore ritiene che la condotta ascritta all'indagata non sia qualificabile come abuso dei mezzi di correzione, ma di maltrattamenti visto che dalle prove sono emerse sistematiche offese, minacce e violenze fisiche e psicologiche della maestra e il comportamento omissivo della collaboratrice scolastica, titolare di una posizione di garanzia, che avrebbe richiesto il suo intervento per impedire la commissione dell'illecito da parte dell'insegnante.
Il procuratore contesta il difetto di motivazione relativo alla gravità indiziaria, stante quanto emerso dalle registrazioni audio e video prodotte. Il provvedimento appare infine contraddittorio nella parte in cui non tiene conto degli ulteriori casi di violenza non lieve e in quella in cui, pur riconoscendo le responsabilità omissive e commissive della collaboratrice scolastica, esclude il carattere della abitualità delle vessazioni in conseguenza del numero limitato degli episodi.
Da contraddire infine le valutazioni di lievità espresse in riferimento ad alcune condotte, che non hanno tenuto conto della tenera età delle vittime.
Domiciliari anche alla bidella che non impedisce alle maestre di maltrattare i bambini
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La Cassazione con sentenza n. 44634/2019, ritenendo fondato il ricorso del procuratore annulla con rinvio l'ordinanza impugnata per un nuovo esame dei punti evidenziati nel provvedimento.
Alla luce dei principi previsti per la valutazione degli indizi, la Cassazione rileva come il Tribunale abbia omesso di valutare e collegare in modo logico i risultati delle intercettazioni ambientali che hanno trovato conferma nelle testimonianze di alcuni bambini maltrattati, da cui è emerso che la maestra in diverse occasioni schiaffeggiasse i piccoli alunni in testa, sul viso e sul fondoschiena, offendendoli con frasi oltraggiose e sbattendo un'asta di legno sulla cattedra per zittirli. Ella inoltre li avrebbe puniva costringendoli a stare immobili su una panca anche per più di 30 minuti, senza che la collaboratrice intervenisse.
In un caso non valutato dal Tribunale è emerso anche che la maestra abbia punito un alunno costringendolo a stare immobile davanti alla finestra al sole, minacciandolo che sarebbe rimasto lì fino all'indomani. In un altro caso la maestra avrebbe afferrato una bambina, per metterla poi in castigo e in altri casi l'avrebbe colpita su mani, fondoschiena e viso. In tutti i casi descritti l'indagata non è mai intervenuta in difesa dei bambini, anzi in alcune occasioni avrebbe percosso una bambina per costringerla a mangiare e preso in giro un bambino per la sua incontinenza sfinterica.
Alla luce di tutto quanto emerso è evidente che "l'uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore affidato, anche li dove fosse sostituito dall'animus corrigendi, non può rientrare nell'ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti." Alla maestra deve quindi essere contestato il reato di cui all'art 572 c.p.
L'ordinanza che revoca i domiciliari alla collaboratrice scolastica è quindi contraddittoria nella parte in cui pur riconoscendo il concorso della stessa a titolo omissivo e commissivo al reato di maltrattamenti commesso dalla maestre, non qualifichi correttamente anche la sua condotta e non applichi conseguentemente la misura cautelare applicata in prima istanza.
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