di Annamaria Villafrate - La Cassazione con la sentenza n. 44292/2019 (sotto allegata) enuncia un importante principio relativamente al reato di violenza sessuale. Per gli Ermellini, il fatto che, come nel caso di specie, una minore di anni 16 abbia consumato alcool e droghe e abbia trascorso la notte con chi gliele ha fornite, non scagiona il soggetto che con lei ha avuto un rapporto sessuale dall'accusa di violenza sessuale. Per età, ma anche per una maggiore capacità di convincere subdolamente una ragazzina immatura dal punto di vista sessuale ad avere rapporti, l'imputato non può evitare la condanna per violenza sessuale di cui all'art 609 bis c.p, comma 2. n.1.
- La vicenda: reato di violenza sessuale
- Il ricorso dell'imputato: vittima inattendibile
- Chi approfitta dello stato di inferiorità della vittima commette violenza sessuale
La vicenda: reato di violenza sessuale
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La Corte d'appello in parziale riforma della decisione del GUP ridetermina la pena nei confronti dell'imputato in 5 anni e 2 mesi di reclusione, riqualificando i fatti di cui al capo d) e ritenendo che si sia configurata ai danni della vittima sedicenne il reato di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis comma 2, n. 1 con l'aggravante di cui all'art 609 ter comma 1, n. 2. Al soggetto veniva contestata anche la detenzione illecita di 0,25 gr di cocaina al fine di cederla a terzi e che cedeva infatti alla minore.
Il ricorso dell'imputato: vittima inattendibile
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L'imputato ricorre in Cassazione ammettendo l'abuso della condizione di ubriachezza e di uso di sostanze da parte della ragazza. Vittima che, a detta del ricorrente, risulta in ogni caso inattendibile, stante la familiarità con alcool e droghe, tanto che la stessa si sarebbe recata volontariamente a casa dell'imputato proprio per consumare tali sostanze. Incomprensibile l'abuso contestato tanto più che l'imputato è stato rinvenuto in uno stato confusionale più grave rispetto a quello della vittima.
Il rapporto, in assenza di violenza e minacce è da ritenersi quindi consenziente, visto che allora tutti i rapporto consumati da coppie che usano abitualmente alcool o droghe dovrebbero tradursi in violenze sessuali.
L'uso delle sostanze da parte della ragazza inoltre è avvenuto in modo consenziente. Del resto anche il fatto che la giovane si sia rifiutata di sottoporsi alle analisi, dimostra un certo carattere, non incline a forme di sottomissione psichica. Lo dimostra anche il fatto che all'arrivo delle Polizia giudiziaria la ragazza appariva capace di deambulare e in grado di parlare, a differenza dell'imputato. Stante l'insussistenza dello stato di alterazione risulta quindi che l'atto sessuale si sia realizzato in modo consenziente, per cui nessuna violenza sessuale si è realizzata.
Chi approfitta dello stato di inferiorità della vittima commette violenza sessuale
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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 44292/2019 rigetta il ricorso perché infondato e perché finalizzato ad una rivalutazione dei fatti nel merito, non consentita in questa sede.
Occorre quindi fare riferimento alla ricostruzione operata dalla Corte d'Appello, dalla quale emerge che i due soggetti si sono incontrati all'altezza dei giardini, abbino consumato insieme dello stupefacente fornito dall'imputato e dopo aver acquistato dell'alcol si siano recati a casa dell'imputato dove hanno continuato ad assumere alcol e droghe fino al mattino seguente. La corte esclude la violenza fisica e la minaccia, ma ritiene che si sia consumata la violenza sessuale a causa delle condizioni della minore di cui il ricorrente avrebbe approfittato, a causa della sua inferiorità psichica. Risulta infatti evidente che l'imputato disponeva di un'ampia quantità di cocaina, la cui assunzione, insieme all'alcol l'ha sicuramente posta in una condizione di inferiorità fisica e psichica, strumentalizzata dal soggetto al fine di soddisfare i suoi impulsi. La sentenza riporta altresì che la ragazza durante la notte si sia sentita male, tanto che il ricorrente le somministrava un farmaco. La tesi sostenuta dall'imputato sulla consapevolezza della ragazza e sul consenso prestato al rapporto sessuale pare quindi prova di fondamento.
E' noto che anche l'assunzione volontaria di alcol e sostanze rientrino nelle condizioni di inferiorità fisica e psichica previste dall'art 609 bis c.p, comma 2, n .1 In ogni caso la questione è stata mal posta. Il ricorrente prospetta la sua incapacità come frutto dell'abuso di alcool e sostanze, in realtà il rapporto sessuale si è realizzato in un modo comunque sbilanciato perché la vittima, appena 16enne aveva una maturità sessuale più acerba rispetto all'imputato, il quale non solo era più maturo, ma disponeva anche di sostanze stupefacenti che ha ceduto alla ragazza, mettendola così in una situazione di minorata capacità di reazione all'approccio sessuale.
Del resto la nuova formulazione dell'art 609 bis comma 2 cp, n. 1, mira proprio a punire anche chi induce all'atto sessuale mediante "un'opera di persuasione spesso sottile o subdola" idonea a convincere a compiere atti che, diversamente, la vittima non avrebbe compiuto.
La Corte afferma quindi il seguente principio di diritto: "Integra reato di violenza sessuale (art. 609 bis, comma 2, n. 1 c.p), con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica la condotta di chi induce la persona offesa a subire atti sessuali in uno stato di infermità psichica determinato dall'assunzione di bevande alcoliche, essendo l'aggressione all'altrui sfera sessuale connotata da modalità insidiose o subdole, rilevando non solo la sua condizione di inferiorità psichica o fisica seguente all'assunzione delle dette sostanze, ma il comportamento abusante dell'imputato che approfitta dello stato di alterazione per la soddisfazione dei suoi istinti sessuali."
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