di Annamaria Villafrate - La Corte di Cassazione con la sentenza n. 46376/2019 (sotto allegata), inquadra la condotta dell'imputata ricorrente nel reato di trattamento illecito dei dati contemplato dall'art 167 comma 1 del dlgs n. 196/2003, così come modificato dal GDRP 2016/679 perché la stessa ha diffuso il numero di cellulare della vittima su una chat privata, invitando gli altri utenti a contattarla per ricevere dalla stessa prestazioni erotiche, utilizzando l'indirizzo Ip collegato all'utenza telefonica fissa della madre in tre diverse circostanze.
- Condanna per il reato ex art. 167 Codice privacy
- Il ricorso dell'imputata
- E' reato diffondere il numero di cellulare altrui nelle chat erotiche
Condanna per il reato ex art. 167 Codice privacy
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La sentenza della Corte d'Appello conferma la sentenza di primo grado che ha condannato l'imputata alla pena sospesa di nove mesi di reclusione e al risarcimento del danno di 1700,00 euro per il reato di cui all'art. 167 del dlgs n. 196/2003 perché, al fine di procurare un danno alla propria vittima, ha trattato illecitamente i dati di quest'ultima, registrandosi in una chat erotica, utilizzando un nickname e inserendo il numero di telefono della donna, invitando gli utenti della chat a telefonarle per ricevere prestazioni erotiche.
Il ricorso dell'imputata
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Il difensore dell'imputata lamenta la violazione dell'art. 606 co. 1 lett. e) c.p.p relativamente alla responsabilità penale dell'imputata. Dagli atti è emerso che l'accesso ad internet con cui è stato inserito il numero di telefono della vittima è avvenuto tramite indirizzo Ip collegato alla linea telefonica fissa dell'abitazione della madre dell'imputata, e non dalla residenza di quest'ultima. La corte non avrebbe inoltre preso in considerazione la testimonianza della madre dell'imputata, la quale ha dichiarato di convivere con un uomo appassionato di internet, che avrebbe potuto carpire il numero di telefono dell'imputata da una vecchia rubrica. L'imputata dichiara infine di aver confessato il fatto solo per evitare problemi alla madre, considerata l'indole violenta del compagno della stessa.
E' reato diffondere il numero di cellulare altrui nelle chat erotiche
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La Cassazione con la sentenza n. 46376/2019 dichiara il ricorso inammissibile perché incentrato su una questione di merito già affrontata e risolta.
Per quanto riguarda la responsabilità penale dell'imputata in giudizio sono emerse diverse prove che confermano le conclusioni dei giudici di primo e secondo grado. Dalle risultanze probatorie è emerso infatti che l'imputata ha registrato l'utenza telefonica della persona offesa nella chat erotica attraverso collegamenti a mezzo internet in tre diverse date, da un indirizzo Ip collegato all'utenza fissa dell'abitazione della madre, come dalla stessa confessato e poi ritrattato. Ritrattazione disattesa dalla corte d'appello perché illogica e contraddittoria. Infondata anche la censura relativa alla mancata residenza dell'imputata presso la madre oltreché rilevante considerato che la stessa frequentava la casa della madre, da cui avrebbe commesso il reato.
Compiute le dovute precisazioni relative allo svolgimento dei fatti la Cassazione ha valutato l'incidenza della modifica legislativa dell'art. 167 del dlgs n. 196/2003 dopo l'entrata in vigore del dlgs n. 101/2018 per adeguare la normativa interna al regolamento UE 2016/679.
Dopo aver confrontato la precedente formulazione dell'art 167 del dlgs 196/2003 con quella attuale la Cassazione giunge alla conclusione che la condotta contestata all'imputata, ossia la registrazione dell'utenza cellulare di altra persona, senza il suo consenso, su una chat erotica accompagnata dall'invito a contattarla per avere prestazioni sessuali, integrava, per la legge vigente al momento dei fatti, un'ipotesi di trattamento dei dati personali, che configura reato anche in collegamento con l'art. 23 comma 1 del d.lgs. 196/2003.
Siccome però il quadro normativo è mutato, alla luce del GDPR occorre verificare se il fatto è ancora reato e, in caso positivo, individuare la norma sanzionatoria applicabile. Il legislatore, profittando della possibilità offerta dal GDPR di introdurre, accanto alle sanzioni amministrative, anche sanzioni di natura penale, ha modificato l'art 167, che al comma 1 contempla la pena della reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi quando la violazione degli artt. 123, 126, 130 e del provvedimento di cui all'art 129 reca un danno all'interessato (non essendo più richiamati gli artt. 17,18 e 23 ormai abrogati).
Dall'analisi di detto nuovo impianto normativo la Cassazione giunge alla conclusione che ai sensi dell'art 167 dlgs comma 1 del dlgs n. 196/2003, diffondere il numero di cellulare altrui inserendolo in una chat a contenuto erotico, senza il consenso dell'interessata configura reato di trattamento illecito di dati. Il trattamento di dati personali relativi al traffico telefonico (definito dall'art 121 comma 1 bis) comprende il numero di cellulare di un soggetto, ed è consentito solo ai gestori telefonici autorizzati e nei limiti strettamente necessari allo svolgimento dell'attività correlata.
"Tirando le fila del discorso, al di fuori di tale perimetro, la condotta di chiunque, soggetto non autorizzato ai sensi dell'art. 125 cit, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all'interessato, arreca nocumento all'interessato, mediante trattamento dei dati del traffico, tra i quali rientra il numero dell'utenza cellulare, integra la fattispecie di cui all'art. 167 comma 1 del dlgs n. 196 del 2003, come modificato, fattispecie posta a protezioni delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, obiettivo di protezione declinato nell'art 1 del citato GDPR."
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Scarica pdf Cassazione sentenza n. 46376-2019• Foto: 123rf.com