Le preoccupazioni sull'applicazione delle clausole di azione collettiva (CACs) nei titoli di Stato con la riforma del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (MES)
di Roberto Paternicò - Le clausole di azione collettiva sui titoli di stato italiani furono già introdotte dal MEF (Ministero dell'economia e delle finanze) con Decreto del 7 Dicembre 2012, ai sensi dell'art.13, comma 3 del Trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilita' (MES) del 2 Febbraio 2012.


Cos'è il Meccanismo europeo di stabilità (MES)?

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Il MES, in estrema sintesi, è una organizzazione intergovernativa con sede in Lussemburgo, composta da tutti i 19 Paesi dell'Eurozona (Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna) e l'adesione è aperta agli altri Stati membri dell'UE.

Il capitale sottoscritto totale è di circa 704 miliardi di euro, di cui circa 80 miliardi effettivamente versati dagli Stati aderenti e l'Italia è il terzo Paese per numero di quote del capitale del MES (17,7%).

L'obiettivo del MES è quello di salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri e pertanto può intervenire per fornire un sostegno alla stabilità dei Paesi aderenti che si trovino in gravi difficoltà finanziarie o ne siano minacciati, sulla base di condizioni rigorose.

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Cosa sono le clausole di azione collettiva (CACs)?

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Una serie di regole che obbligano gli Stati in difficoltà finanziarie ad attivare una ristrutturazione del loro debito, rinegoziando le caratteristiche e gli impegni assunti con gli investitori sui titoli di stato emessi a partire dal 1° gennaio 2013 e per i titoli di nuova emissione e con scadenza superiore ad un anno (Decreto MEF del 7 Dicembre 2012).

Con l'applicazione delle CACs e sino ad oggi, lo stato italiano potrebbe rinegoziare i titoli di stato (es.: BTP, BoT, CCT, o meglio: titoli ed ogni altro buono, nota, obbligazione, certificato, o altro titolo di debito diversamente denominato), emessi come sopra indicato, intervenendo in estrema sintesi per:

- il cambio della data in cui ogni ammontare e' pagabile;

- la riduzione di qualsiasi ammontare, incluso qualsiasi ammontare insoluto, pagabile;

- il cambio del metodo utilizzato per calcolare qualsiasi ammontare pagabile;

- la riduzione del prezzo di rimborso dei Titoli ovvero la modifica di qualsiasi data in cui i Titoli possono essere rimborsati;

- il cambio della valuta o del luogo di pagamento di qualsiasi ammontare pagabile;

- l'imposizione di qualsiasi condizione o altrimenti la modifica degli obblighi di pagamento;

- la modifica di qualsiasi circostanza relativa ai pagamenti da effettuarsi, al ricorrere della quale si verifica la decadenza dal beneficio del termine ed i Titoli possono essere dichiarati come pagabili prima della loro naturale scadenza;

- la modifica dell'ordine di preferenza o della seniority dei Titoli;

- la modifica dell'ammontare nominale dei Titoli in circolazione ovvero, nel caso di modifica a più serie, dell'ammontare nominale dei titoli di debito di qualsiasi altra serie che e' richiesto per approvare una proposta di modifica;

- la modifica dell'ammontare nominale dei Titoli in circolazione che e' richiesto ai fini di un dato quorum costitutivo, ovvero le regole finalizzate a stabilire i Titoli da considerare in circolazione a questi fini; etc.

Lo Stato italiano (emittente), quindi, in caso di dissesto finanziario potrebbe decidere di rinegoziare con i detentori dei bond (titoli), una diversa soluzione.

La rinegoziazione dei titoli

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Attualmente, sulla base del succiato Decreto del MEF, la rinegoziazione potrebbe attenere:

- Modifiche in materie riservate, cioè ogni modifica ai termini ed alle condizioni dei Titoli, con il voto favorevole dei possessori di almeno il 75% dell'ammontare nominale aggregato dei Titoli in circolazione rappresentati ad una assemblea dei possessori dei Titoli debitamente convocata oppure una risoluzione scritta firmata da o per conto dei possessori di almeno il 66 2/3% dell'ammontare nominale aggregato dei Titoli in circolazione;

- Modifiche a più serie (diverse tipologie di titoli), con il voto favorevole dei possessori di almeno il 75% dell'ammontare nominale aggregato dei titoli di debito in circolazione rappresentati in separate assemblee, debitamente convocate, dei possessori dei titoli di debito di tutte le serie (considerate complessivamente) i cui termini e condizioni sono oggetto della modifica proposta oppure una risoluzione scritta firmata da o per conto dei possessori di almeno il 66 2/3% dell'ammontare nominale aggregato dei titoli di debito in circolazione di tutte le serie (considerate complessivamente) i cui termini e condizioni sono oggetto della modifica proposta e il voto favorevole dei possessori di piu' del 66 2/3% dell'ammontare nominale aggregato dei titoli di debito in circolazione rappresentati in separate assemblee, debitamente convocate, dei possessori dei titoli di debito di ciascuna serie (considerata singolarmente) i cui termini e condizioni sono oggetto della modifica proposta oppure una risoluzione scritta firmata da o per conto dei possessori di piu' del 50% dell'ammontare nominale aggregato dei titoli di debito in circolazione di ciascuna serie (considerata singolarmente) i cui termini e condizioni sono oggetto della modifica proposta.

Vi sono poi la " Modifica parziale a piu' serie" e le "Modifiche in materie non riservate" con altre caratteristiche, ma, in ogni caso, l'attivazione delle clausole di azione collettiva richiedono una "doppia maggioranza".

Dubbi e preoccupazioni nella riforma del MES

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Con la riforma del Mes e in particolare dell'art.12 del Trattato verrebbe modificata la clausola d'azione collettiva che sarebbe approvata "a maggioranza singola" , pertanto, sarebbe sufficiente la maggioranza del totale dei detentori del debito pubblico mentre le eventuali maggioranze nelle varie sottocategorie dei titoli non avrebbero la possibilità di bloccare la ristrutturazione del debito.

Inoltre, s'introdurrebbero le CACs a partire dal 1° gennaio 2022, per i titoli di Stato della zona euro di nuova emissione con scadenza superiore a un anno.

Da tener presente che la maggior parte di Titoli di Stato italiani sono detenuti all'estero per circa un 35% e per il resto in Italia da: Banche, Assicurazioni, Fondi e risparmiatori (vere vittime) che direttamente o indirettamente (tramite fondi, polizze, certificati, etc.) vengono coinvolti nelle sorti dei titoli di stato.

Vari esperti in materia hanno espresso preoccupazioni e critiche alla riforma e il "punctum dolens" si fonda sul fatto che lo Stato che chiede aiuto al Mes debba ristrutturare preventivamente il proprio debito, se questo debito non è giudicato sostenibile dallo stesso Mes stesso. Una precondizione quasi automatica per ottenere i finanziamenti decisa, tra l'altro, dai poteri degli organi del Mes (organo tecnico) a discapito di quelli della Commissione (organo politico).

In sostanza, la critica verte sulla eccessiva facilitazione della ristrutturazione del debito che non può essere decisa sulla base di valutazioni meramente meccaniche, ma previa attenta verifica e con il pieno coinvolgimento delle autorità nazionali.

Altro pericolo, poi, potrebbe determinarsi con il semplice annuncio dell'applicazione delle nuove CACs "a maggioranza singola" per scatenare la speculazione sui titoli degli Stati con i bilanci meno in ordine (Italia compresa) al fine di costringerli ad una ristrutturazione del debito che seppur non necessaria potrebbe divenire inevitabile.

Che dire, dopo il bail-in bancario le nuove CACs, dalla padella alla brace.

Assibot

Foto: 123rf.com
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