Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, forse. Nota a margine di Tar Brescia, sentenza n. 988 del 2019
di Cleto Iafrate - Arnoldo -nome di fantasia- è un cittadino militare che rimane coinvolto in un procedimento penale per "simulazione di reato e fraudolento danneggiamento dei beni assicurati".

Arnoldo nota un dettaglio di non poco conto, che lo seguirà durante tutto l'iter processuale, si accorge che chi dovrebbe condurre le indagini non è competente per territorio. In altre parole, chi lo sta perseguendo, invece che mandare le carte a chi è deputato a svolgere gli accertamenti a suo carico, si ritiene legittimato a proseguire le indagini e le porta a termine, al fine di fare iniziare un processo contro di lui.

A questo punto, le cose per Arnoldo si complicano, perché tale "eccezione di incompetenza" va effettuata entro la prima udienza e riproposta costantemente in caso di suo rigetto.

Arnoldo sin dall'udienza preliminare fa presente tramite il suo avvocato che chi ha fatto le indagini, per ragioni territoriali non poteva proseguirle e conseguentemente, per le medesime ragioni, i giudici che stavano valutando il suo caso non potevano giudicarlo.

Come si può intuire, tale "eccezione" non fu accolta, ed Arnoldo viene anche condannato in primo grado.

Però, non si arrende, in quanto convinto della propria innocenza ed avendo notato quella particolare "anomalia" giuridica, propone appello e reitera la suddetta "eccezione di incompetenza territoriale". La Corte D'Appello, invece che notare tale "errore", da cui sarebbe conseguito l'annullamento della sentenza di condanna di primo grado e l'invio delle carte al Pubblico Ministero territorialmente responsabile, conferma parzialmente la condanna emessa nei suoi confronti.

Il nostro Arnoldo a questo punto decide di continuare nella propria ricerca di giustizia.

Pertanto, propone anche ricorso per Cassazione, la quale finalmente riconosce la suddetta incompetenza territoriale. Quindi, annulla la condanna emessa dalla Corte D'Appello, ma non rinvia gli atti al Pubblico Ministero competente, perché nel frattempo, per la "simulazione di reato" è intervenuta la prescrizione, mentre per "il fraudolento danneggiamento dei beni assicurati" è stata rimessa la querela della persona offesa.

Dunque, la vicenda giudiziaria di Arnoldo si conclude qui? Nemmeno per idea.

Per Arnoldo adesso inizia un'altra battaglia giudiziaria.

La Cassazione - che per definizione controlla solo che le sentenze impugnate non abbiano vizi di forma, e nel contesto non può valutare direttamente la "sostanza" delle accuse mosse [1] - ha sì annullato per incompetenza territoriale la predetta condanna, ma ha anche affermato che la sentenza annullata era motivata in maniera formalmente corretta [2].

Tale circostanza ha offerto all'Amministrazione militare lo spunto per instaurare nei confronti di Arnoldo un procedimento disciplinare di stato, punendolo con la sospensione dal servizio per quattro mesi [3].

Nel prendere tale decisione, l'Amministrazione ha valorizzato la correttezza formale della sentenza annullata dalla Cassazione, ma non ha tenuto in considerazione che il Pubblico Ministero territorialmente competente per le indagini, per le ragioni prospettate, non ha mai valutato né la fondatezza delle accuse mosse, né le investigazioni effettuate a carico di Arnoldo.

Questa circostanza non è una "mera quisquilia giuridica", perché tale Autorità Giudiziaria avrebbe potuto ritenere che le indagini a suo carico fossero infondate e, pertanto, chiederne l'archiviazione che, qualora accolta, avrebbe evitato ad Arnoldo il processo.

Al fine di chiarire quanto appena affermato, si farà riferimento ad un caso che qualche mese fa era balzato agli onori della cronaca: il caso Diciotti.

In quel caso, "L'inchiesta era stata aperta dai magistrati di Agrigento. Il procuratore … riteneva, infatti, che il reato fosse stato commesso … nelle acque di Lampedusa. Ipotizzando il coinvolgimento di un esponente dell'esecutivo, … era stato costretto a passare le carte a Palermo … quindi, il tribunale dei ministri del capoluogo siciliano si era spogliato del caso restituendo gli atti alla procura. Il motivo? Si era dichiarato territorialmente incompetente a indagare. … Quello della competenza era il primo nodo da scogliere. … In via preliminare dunque i magistrati hanno stabilito che la presunta condotta illecita … sarebbe partita nelle acque di Catania … Il presidente del tribunale … aveva comunicato "di aver rimesso gli atti al Procuratore della Repubblica di Palermo" … "per l'ulteriore corso a seguito di declaratoria di incompetenza territoriale" … dunque, aveva inviato le carte ai colleghi di Catania. Che adesso hanno chiesto l'archiviazione [4]".

Ad ogni modo, la suddetta sanzione disciplinare, oltre agli inevitabili strascichi sulla carriera e nella reputazione, ha comportato il dimezzamento dello stipendio del militare per il corrispondente periodo.

A questo punto, il militare decide di impugnare tale provvedimento al Tar.

I giudici amministrativi, pur stigmatizzando "la scarsa attività difensiva dell'Amministrazione [5]" rigettano il ricorso presentato, dando per accertati i fatti contestati al prevenuto da chi non doveva accertarli, e provati da chi non doveva valutarli [6]. Ciò, nonostante il vizio di incompetenza -per definizione- comporti l'annullabilità degli atti impugnati, assorba ogni valutazione di merito e provochi la rimessione dell'affare all'Organo competente [7].

Detto diversamente, "forse c'è stato un fatto. Qualora ci sia stato un fatto, forse l'hai commesso. Pertanto, vieni sospeso dal servizio per quattro mesi".

Se è vero, come afferma il Tar, che "all'amministrazione era consentito utilizzare tutti gli elementi emersi nel corso dei processi penali, quando questi avessero assunto una valenza probatoria" è altrettanto vero che a conferire valenza probatoria a quei fatti è il giudice competente per territorio e non uno qualsiasi. A sostenerlo è la Corte Costituzionale, allorquando ha stabilito, in ossequio all'art. 25 della Costituzione, che ogni vicenda penale deve essere preliminarmente valutata dal Pubblico Ministero competente per territorio [8] - vaglio che nella vicenda di Arnoldo non c'è mai stato.

A questo punto vien da porsi due domande: perché il Tar non ha preso alcuna posizione su tale questione di rilevanza costituzionale e contestualmente principio generale del processo amministrativo? Perché vi è stata una "scarsa attività difensiva dell'Amministrazione"?

Per rispondere -almeno parzialmente- a tali interrogativi, bisogna considerare due profili: il rapporto tra legalità costituzionale e disciplina militare, e la presenza nel nostro ordinamento del "giudice nell'amministrazione".

Per quanto riguardo il rapporto tra Costituzione e disciplina militare, si assiste ancora una volta "ad una disciplina militare che, in deroga ai principi costituzionali, rimane svincolata al principio di legalità, … perché si ritiene … che tale circostanza sia la più idonea a garantire la "massima coesione e neutralità" dei corpi militari. La disciplina militare, tuttavia, non è di per sé un valore assoluto, ma è -e deve rimanere- lo strumento per raggiungere un fine: la coesione interna e la neutralità dei corpi militari; altrimenti la disciplina, da strumento di coesione si trasformerebbe in mezzo di separazione dei militari dalla società civile [9]".

Invece, per quanto riguarda il ruolo del giudice amministrativo nel nostro sistema, più volte è stato proposto di devolvere tutta la giurisdizione del pubblico impiego -militari compresi- al giudice ordinario, per i seguenti motivi: "Alcuni magistrati amministrativi -talvolta in posizione di fuori ruolo- hanno incarichi presso i gabinetti e gli uffici legislativi dei Ministeri ed anche nella segreteria della Presidenza della Repubblica, della Presidenza del Consiglio dei ministri, altri invece provengono direttamente della pubblica amministrazione. … «Secondo quanto diramato dallo stesso Ministero della difesa, in Italia viene respinto il 95 per cento dei ricorsi proposti dai militari. …» [10]".

Una tale percentuale la dice lunga sui veri motivi per cui una certa corrente di pensiero, anzi d'interessi, stia spingendo in Parlamento, e non solo, affinché la legge sui sindacati militari sottragga la giurisdizione per le condotte antisindacali al suo giudice naturale, il giudice del lavoro, per affidarla al giudice amministrativo. Ma questo è un altro discorso che esula dalla presente trattazione.

In conclusione, si augura ad Arnoldo di avere la stessa fortuna di un celebre mugnaio tedesco del 1700 che portava il suo stesso nome.

Dopo alterne vicende, il mugnaio trovò un giudice a Berlino che soddisfò la sua domanda di giustizia.

Speriamo che anche Arnoldo trovi a Roma un giudice "costituzionalmente più sensibile" rispetto a determinate questioni, considerato che il caso in disamina e le questioni richiamate nelle precedenti note sono caratterizzati tutti da uno stesso filo conduttore: quando si tratta di "orientare costituzionalmente" la disciplina militare, il Giudice Amministrativo è maggiormente portato a leggere i principi costituzionali con gli occhi del diritto amministrativo, piuttosto che leggere gli istituti del diritto amministrativo con la prospettiva della Costituzione [11].

Cleto Iafrate

Leggi gli altri contributi dello stesso autore su Studiocataldi.it e su Ficiesse.it

[1] Ex multis, Cfr. con Corte di Cassazione Penale, sezione Terza 07/12/2018 (Ud. 13/11/2018), sentenza n. 54704, disponibile su www.ambientediritto.it: "Alla Corte di cassazione, sono precluse la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice di merito (Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482)".

[2] Tar Brescia, sentenza in commento, che richiama Corte di Cassazione, sentenza n. 55949 del 13/12/2018.

[3] Tar Brescia, cit.

[4] Cfr. con Diciotti, procura di Catania chiede l'archiviazione per Salvini: "Stop a sbarco scelta politica insindacabile dal giudice", in www.ilfattoquotidiano.it. Nel caso in questione poi, come è noto il Tribunale dei Ministri di Catania rigettò la richiesta di archiviazione presentata. Ma ciò è ulteriormente indicativo di quanto le singole Autorità Giudiziarie non possano considerarsi "interscambiabili", ma ogni Giudice possa valutare differentemente determinate questioni di fatto e di diritto. Su tale questione, sia consentito il rinvio a C. Iafrate, Pur di non dare ragione al carabiniere, la Seconda Sezione del Consiglio di Stato sconfessa la Quarta, in www.ficiesse.it.

[5] Tar Brescia, cit.

[6] Tar Brescia, cit.: "... con specifico riferimento alla vicenda sostanziale, il Ministero ha valorizzato le concordanti riflessioni sviluppate dal giudice penale nei tre gradi di giudizio". E' di intuitiva evidenza che tale interpretazione dei fatti non tiene conto della circostanza che in caso di trasmissione degli atti al Pubblico Ministero competente si sarebbe potuti addivenire ad un'archiviazione del procedimento penale a carico di Arnoldo. Quindi, non si può affermare con sufficiente probabilità (men che meno con certezza) che Arnoldo abbia commesso i fatti che gli sono stati contestati.

[7] CGA, sentenza n. 273 del 6 marzo 2012, disponibile in www.dirittodegliappaltipubblici.com: "E' principio generale del processo amministrativo che l'accoglimento di un vizio-motivo di incompetenza dell'organo che ha provveduto è, intrinsecamente e necessariamente, assorbente di ogni altro vizio-motivo dedotto nel ricorso; giacché tale vizio accolto, per la sua stessa natura, inficia tutti gli altri atti successivi, che inevitabilmente dovranno essere reiterati dall'organo competente". Del resto, come ricorda il Supremo Consesso Amministrativo Siciliano, tale principio generale è stato codificato nel codice di rito del 2010, all'art. 34 c.2 c.p.a.: "In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati".

[8] Corte Cost., sentenza n. 70 del 15.03.1996, che ha statuito l'illegittimità costituzionale del comma 1dell'art. 23 c.p.p nonché del comma 1 dell'art. 24 c.p.p rispettivamente "nella parte in cui prevede la trasmissione degli atti al giudice competente anziché al pubblico ministero presso quest'ultimo, quando il giudice del dibattimento dichiara con sentenza la propria incompetenza per territorio", ovvero "nella parte in cui dispone che, a seguito dell'annullamento della sentenza di primo grado, per incompetenza per territorio, gli atti sono trasmessi al giudice competente, anziché al pubblico ministero presso quest'ultimo".

[9] C. Iafrate, Pur di non dare ragione al carabiniere, la Seconda Sezione del Consiglio di Stato sconfessa la Quarta; Idem, Il paradosso di un'Europa più attenta a forme e dimensione dei cetrioli che non al diritto di libertà personale dei cittadini militari; Idem, Si poteva negare un diritto soggettivo con motivazioni prive di fondamenti giuridici? in www.ficiesse.it.

[10] C. Iafrate, Riforma costituzionale: la Costituzione del 1947 non esiste più, sostituita per un uomo solo al comando, in www.ficiesse.it. In senso conforme, S. Cassese, Governare gli italiani - Storia dello Stato, Il Mulino, Bologna, 2014, p. 205: "Orlando notava che l'espressione giurisdizione amministrativa è impropria: se è giurisdizione non può essere amministrazione, e viceversa. L'amministratore-giudice - osservava - è giudice in casa propria".

[11] Espressione parafrasata da "Lettera aperta al Cardinal Velasio de Paolis di Don Aldo Antonelli" in www.huffingtonpost.it: "La sua (de)formazione canonica l'ha portata a interpretare il Vangelo con le lenti del diritto canonico, mentre dovrebbe rileggere tutto il diritto canonico alla luce del vangelo".


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