di Daniele Piccinin - Sul rafforzamento del ruolo dell'avvocato in Costituzione "l'Italia, benché culla del diritto, sconta un ritardo notevolissimo. Tutelare l'avvocato vuol dire tutelare l'interesse generale a che la giustizia funzioni: è un valore di civiltà giuridica per l'intera collettività". A sostenerlo è l'avvocato Antonella Trentini, presidente nazionale dell'Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici (Unaep).
Avv. Trentini, da anni si parla di questa modifica fondamentale per i legali. A che punto siamo?
"Da tempo il Consiglio Nazionale Forense ha avanzato proposte, da attuarsi mediante una modifica o dell'art. 111 o dell'art. 24, in cui inserire la libertà e l'autonomia del professionista e la necessità della difesa tecnica. Sulla protezione dei tutori della legalità e della difesa, sia con riguardo agli altri Paesi europei, sia con riguardo a Paesi extraeuropei siamo indietro anni luce. Si pensi alla Tunisia, la cui Costituzione prevede all'art. 105, che "La professione di avvocato è libera e indipendente. Essa contribuisce alla realizzazione della giustizia e alla difesa dei diritti e delle libertà" (comma 1) e che "L'avvocato beneficia delle garanzie di legge che ne assicurano la protezione e gli consentono di esercitare le sue funzioni)".
Un ruolo in Costituzione che de facto già è implicitamente riconosciuto in alcuni organi, giusto?
"La pregnanza dell'attività esercitata dall'avvocato è già riconosciuta con riguardo alla composizione di alcuni organi costituzionali e di rilievo costituzionale e per questo l'assenza di menzione del ruolo nell'ambito del diritto di difesa in giudizio appare quanto mai desueta e tanto più urgente.
Con riguardo al tema in oggetto, l'organo rappresentativo dell'avvocatura ha posto l'accento sull'inserimento di «previsioni concernenti strettamente l'avvocatura», proponendo l'inserimento in Costituzione di uno o più commi all'art. 111 che preveda/prevedano che «nel processo le parti sono assistite da uno o più avvocati» e circoscriva/circoscrivano a casi straordinari e limitati («tassativamente previsti dalla legge»), la possibilità di prescindere dall'assistenza dell'avvocato, se ciò non pregiudichi «l'effettività della tutela giurisdizionale»".
Qual è il nodo fondamentale che come avvocati pubblici chiedete al legislatore?
"Specificare le modalità d'esercizio della professione, che deve essere necessariamente svolta «in posizione di libertà e di indipendenza, nel rispetto delle norme di deontologia forense». Le proposte del CNF sono, in definitiva, dirette a riconoscere e rafforzare il ruolo pubblicistico svolto dell'avvocatura, nel rispetto, tuttavia, della «natura libera della professione forense»".
Autonomia e indipendenza dell'avvocato ... il passaggio più delicato della materia
"Per "natura libera della professione forense" deve ovviamente intendersi la libertà intellettuale dell'avvocato, diretta e funzionale ad assicurare, in posizione di indipendenza dai pubblici poteri, l'effettività del diritto di difesa della persona privata o pubblica e l'interesse alla corretta amministrazione della giustizia. Questa della posizione di "indipendenza dai pubblici poteri" finalizzata a garantire l'effettività del diritto di difesa e il corretto andamento della giustizia, si connette strettamente all'autonomia, all'assenza di conflitti di interesse, al segreto professionale, tutti valori fondamentali nella professione legale che rappresentano posizioni di pubblico interesse, e come tali protetti e tutelati in ambito sovranazionale (art. 6 Convenzione EDU, Carta di Nizza, Corte di Giustizia UE, ecc.), prima ancora che dalla legge forense. Ma si collega altrettanto strettamente alla già tutelata terzietà del giudice, poiché tale valore è garantito solo se sussiste anche l'autonomia dell'avvocato, affinché la parità di tutte le parti nel processo sia attuata, mediante un esplicito riconoscimento costituzionale del ruolo dell'avvocatura, essendosi rivelati deboli i riferimenti impliciti di cui all'art. 24 e le previsioni di composizione degli organi costituzionali".
Cosa vi aspettate come rappresentanti degli avvocati pubblici?
"Abbiamo chiesto da tempo che venga riconosciuta la pienezza del nostro ruolo: quello di dipendente, scelto per pubblico concorso al fine di "assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione" (art. 97), posto al "servizio esclusivo della Nazione" (art. 98), e quello di avvocato, professionista che, scelto per pubblico concorso, esercita all'interno della pubblica amministrazione la propria attività professionale in posizione di libertà e di indipendenza, nel rispetto delle norme di deontologia forense, che giurano di osservare 'nell'interesse esclusivo della Nazione'".
Ritiene che su questo punto ci sia unità d'intenti?
"Su questo percorso tutta l'avvocatura deve essere compatta e unita, perché l'"effettività della tutela dei diritti" e l'"inviolabilità del diritto di difesa", viaggiano inscindibilmente accanto alla "posizione" di "libertà, autonomia e indipendenza" nella quale l'avvocato "esercita la propria attività professionale", in posizione di "parità tra le parti nel processo. Tutelare l'avvocato vuol dire tutelare l'interesse generale a che la giustizia funzioni: è un valore di civiltà giuridica per l'intera collettività".