di Valeria Zeppilli - L' incompletezza della cartella clinica non è una circostanza da sola sufficiente a dimostrare la responsabilità sanitaria per il danno patito da un paziente, ma, come affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza numero 29331/2019 (qui sotto allegata), a tal fine è necessario qualcosa in più.
- Compilazione della cartella clinica e nesso causale
- La vicenda
- La mancanza di prova della responsabilità medica
Compilazione della cartella clinica e nesso causale
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Affinché risulti dimostrata l'esistenza del nesso causale tra l'operato dei sanitari e il danno è infatti necessario che l'incompletezza della cartella abbia reso impossibile l'accertamento del relativo nesso eziologico. Inoltre, è indispensabile che la condotta posta in essere dai medici sia almeno astrattamente idonea a provocare la lesione.
Solo in presenza di tali requisiti, l'incompletezza della cartella è una circostanza di fatto utilizzabile dal giudice per ritenere dimostrata l'esistenza del legame causale.
La vicenda
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Nel caso di specie, il contenzioso era derivato dalle doglianze di due genitori che si erano rivolti alla giustizia per chiedere a un medico e un'ostetrica il risarcimento dei danni subiti da loro figlio in occasione della sua nascita.
Le manchevolezze della cartella clinica, tuttavia, erano state segnalate solo in relazione alla fase gestazionale, mentre i dati riportati in tale documento erano risultati sufficienti a escludere la responsabilità dei sanitari per la fase dal ricovero al parto e per i giorni successivi.
La mancanza di prova della responsabilità medica
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La sentenza in commento rileva anche per aver affermato, sempre in materia di onere della prova, che se, all'esisto dell'istruttoria, rimangono dubbi circa la sussistenza del nesso di causalità tra l'aggravamento di una situazione patologica e il comportamento dei sanitari, "la mancanza della prova si risolve contro il danneggiato, la cui domanda deve essere respinta facendo applicazione delle regole generali sull'onere della prova".
Scarica pdf sentenza Cassazione numero 29331/2019• Foto: 123rf.com