di Lucia Izzo - L'imposta sui servizi digitali è pronta a debuttare anche in Italia a partire dal 1° gennaio 2020 e la sua operatività sarà svincolata dalla normativa secondaria. Lo prevede la manovra 2020 che, mettendo fine a un iter tortuoso, consentirà alla "Web Tax" di divenire operativa.
Le novità giungono a seguito di alcuni ritocchi alla legge di Bilancio 2019 che ha disciplinato l'imposta sui servizi digitali, chiarendo, tra le altre cose, le modalità applicative dell'imposta con riferimento ai corrispettivi colpiti, alle dichiarazioni, alla periodicità del prelievo.
- 1. Web tax operativa dal 1° gennaio 2020
- 2. Web tax: a chi si applica?
- 3. Servizi digitali
- 4. Nomina rappresentante fiscale
- 5. Norma di chiusura
Web tax operativa dal 1° gennaio 2020
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La questione relativa alle modalità di tassazione dell'economia digitale in Italia ha avuto un iter normativo complesso, anche in considerazione dell'intreccio con il contesto internazionale.
È stata la legge di bilancio 2018 a istituire, in prima battuta, un'imposta sulle transazioni digitali che avrebbe dovuto applicarsi a decorrere dal 1° gennaio 2019. La novità è rimasta lettera morta in quanto non è stato emanato il decreto attuativo che avrebbe dovuto delinearne il perimetro oggettivo di applicazione.
La legge di bilancio 2019, abrogando la precedente imposta sulle transazioni digitali, ha istituito al suo posto l'imposta sui servizi digitali, ma anche in tal caso le disposizioni attuative non sono state emanate e, pertanto, l'imposta non è risultata applicabile. Almeno fino ad oggi.
La manovra di Bilancio 2020, infatti, ha modificato la disciplina introdotta dalla legge di bilancio 2019: da un lato ha abrogato la norma che affidava a un decreto ministeriale il compito di stabilire le disposizioni di attuazione dell'imposta sui servizi digitali e, dall'altro, ha previsto che la web tax si applichi dal 1° gennaio 2020. In tal modo, l'applicazione della tassa non sarà più subordinata all'emanazione delle relative disposizioni attuative.
Web tax: a chi si applica?
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L'imposta, pari al 3% con riferimento ai corrispettivi colpiti, graverà sui soggetti esercenti attività d'impresa (persone fisiche e giuridiche, a prescindere dalla tipologia e dalla forma giuridica utilizzata), a condizione che superino la soglia di ricavi richiesta ex lege, singolarmente o a livello di gruppo, nel corso di un anno solare
In particolare, i soggetti passivi devono realizzare congiuntamente:
a) un ammontare complessivo di ricavi, ovunque realizzati, non inferiore a 750.000.000 euro;
b) un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali, nel territorio dello Stato, non inferiore a 5.500.000 euro.
Servizi digitali
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I ricavi da servizi digitali, cui si applica l'imposta, saranno quelli derivanti dalla fornitura dei seguenti servizi:
- veicolazione su un'interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
- messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale, che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
- trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale.
La manovra 2020 chiarisce che l'imposta sui servizi digitali si applicherà sui ricavi derivanti dalla fornitura dei servizi digitali realizzati dai soggetti passivi di imposta nel corso dell'anno solare. Inoltre, per il computo delle soglie di ricavi che consentono l'applicazione dell'imposta, saranno presi in considerazione i ricavi conseguiti nell'anno precedente a quello di riferimento.
Servizi digitali: le esclusioni dall'imposta
Dalla nozione di servizi digitali saranno invece esclusi una serie di servizi, ovvero:
- la fornitura diretta di beni e servizi, nell'ambito di un servizio di intermediazione digitale;
- la fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi, quando il fornitore non svolge funzioni di intermediario;
- la messa a disposizione di un'interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale è quello della fornitura agli utenti dell'interfaccia da parte del soggetto che gestisce l'interfaccia stessa di: contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento;
- la messa a disposizione di un'interfaccia digitale utilizzata per gestire alcuni servizi bancari e finanziari - la cessione di dati da parte dei soggetti che forniscono tali servizi finanziari;
- lo svolgimento delle attività di organizzazione e gestione di piattaforme telematiche per lo scambio dell'energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché la trasmissione dei relativi dati ivi raccolti e ogni altra attività connessa.
Nomina rappresentante fiscale
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I soggetti passivi non residenti in Italia saranno obbligati a nominare un rappresentante fiscale per assolvere gli obblighi di dichiarazione e di pagamento dell'imposta sui servizi digitali.
Si tratta, nel dettaglio, dei soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, stabiliti in uno Stato diverso da uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo con il quale l'Italia non ha concluso un accordo di cooperazione amministrativa per lottare contro l'evasione e la frode fiscale e un accordo di assistenza reciproca per il recupero dei crediti fiscali
Norma di chiusura
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Con una disposizione di chiusura, la manovra prevede che la disciplina dell'imposta sui servizi digitali in esame sarà abrogata con decorrenza dal momento in cui entreranno in vigore disposizioni derivanti da accordi internazionali in materia di tassazione dell'economia digitale.
Sul punto, si rammenta che il 9 ottobre 2019 l'OCSE ha pubblicato una proposta (presentata al G20 di Washington a metà ottobre) volta a promuovere il negoziato sulla tassazione delle multinazionali, specialmente quelle che operano nel digitale, al fine allocare la tassazione di tali imprese nei luoghi in cui svolgono attività significative nei confronti dei consumatori e in cui esse generano i propri profitti.
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