di Annamaria Villafrate - Confermata la pena della sospensione dalla professione irrogata dal Consiglio distrettuale di disciplina e ribadita dal CNF nei confronti di un'avvocata, responsabile di aver percepito compensi da una propria assistita, senza fattura e senza curarne gli interessi. La professionista non ha infatti intrapreso, in favore della cliente, alcuna azione di natura giudiziale o stragiudiziale in una controversia di lavoro. Queste le conclusioni della Cassazione a Sezioni Unite che con la sentenza n. 34476/2019 (sotto allegata) ha rigettato il ricorso della professionista, ritenendo corretto l'esito del giudizio del collegio territoriale sul disvalore della condotta dell'avvocata.
- 1. Avvocato sospeso dalla professione per un anno
- 2. Per il CNF il ricorso dell'avvocata è inammissibile e infondato
- 3. Il ricorso in Cassazione della professionista
- 4. Sospensione per l'avvocata che non cura gli interessi della cliente
Avvocato sospeso dalla professione per un anno
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Il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Perugia delibera l'apertura di un procedimento disciplinare nei confronti una avvocata, ritenuta responsabile:
- della violazione degli artt. 7 e 38 del codice deontologico, per aver tenuto un comportamento contrario al dovere di fedeltà nello svolgimento della propria attività professionale e agli interessi della sua assistita. L'avvocata non avrebbe avere provveduto infatti a intraprendere alcuna azione nei confronti della società datrice di lavoro della propria assistita, per il mancato versamento degli stipendi e dell'indennità di maternità, pur rassicurando la cliente sull'andamento della pratica e rappresentandole una situazione non corrispondente al vero. La stessa infatti non raggiungeva nessun accordo con la controparte né avviava alcun alcun tentativo di conciliazione, causa o ricorso con conseguente pregiudizio dei diritti della propria assistita, nonostante i compensi percepiti ammontanti a 1317 euro;
- della violazione dell'art. 15 del codice deontologico, stante l'omessa fatturazione delle somme percepite in contanti in due tranche di 317 euro e di 1000 euro;
- di aver esercitato abusivamente la professione di avvocato, considerato che la stessa era stata sospesa dal Consiglio dell'ordine di appartenenza in via cautelare a tempo indeterminato, violando così l'art. 5 del codice deontologico.
Per i fatti descritti il Consiglio distrettuale di disciplina dell'Umbria sanzionava l'avvocata con la pena della sospensione dalla professione per un anno.
Per il CNF il ricorso dell'avvocata è inammissibile e infondato
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La professionista contesta la decisione di fronte al CNF che rigetta il ricorso, dichiarando inammissibile e infondato nel merito il motivo d'impugnazione dell'incolpata, fondato esclusivamente su deposizioni testimoniali di soggetti la cui attendibilità non è stata accertata da ulteriori testi o supplementi istruttori.
La professionista ricorrente si è limitata a contestare la decisione del consiglio di disciplina, lamentando un'istruttoria incompleta e l'assenza degli illeciti a lei contestati, senza però indicare nello specifico le parti del provvedimento oggetto di contestazione, gli errori commessi nella ricostruzione della vicenda, le circostanze da cui sarebbero scaturite le sue violazioni e le ragioni logico giuridiche errate che avrebbero condotto alla sua incolpazione. Da qui l'inammissibilità del ricorso.
Il CNF in ogni caso ha ritenuto altresì infondato nel merito il ricorso della ricorrente. Dalle testimonianze è emerso infatti che la professionista ha svolto la professione nel periodo in cui era sospesa dallo svolgimento della stessa e ha percepito somme dalla propria cliente, senza rispettare gli obblighi di fatturazione.
Il ricorso in Cassazione della professionista
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La professionista soccombente anche di fronte al C.N.F ricorre in cassazione chiedendo la sospensione degli effetti della sentenza impugnata e lamentando:
- la contestazione del CNF relativa all'assenza dei requisiti richiesti dall'art. 342 c.p.c per il ricorso;
- l'omessa valutazione da parte del CNF delle sue doglianze, relative ai diversi capi di incolpazione, con conseguente omessa indicazione dei motivi dal punto di vista materiale e grafico, che condurrebbero alla sua dichiarazione di responsabilità;
- omesso espletamento da parte del CNF di ulteriori indagini istruttorie, omissione che avrebbe condotto a una pronuncia irrispettosa della sua responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio.
Il Consiglio dell'ordine non svolge attività difensiva.
Sospensione per l'avvocata che non cura gli interessi della cliente
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La Corte di Cassazione con SU n. 34476/2019 rigetta il ricorso, ritenendo fondato solo il primo motivo del ricorso e inammissibili il secondo e il terzo.
Il primo motivo è fondato in quanto "il ricorso dell'incolpata al Consiglio nazionale forense è stato formulato nel rispetto della prescrizione formale, con l'indicazione dei motivi specifici (...) a norma dell'art. 59 del regio decreto n. 37 del 1934, richiamato dall'art. 36, comma 2, della legge n. 247 del 2012 (…)" in quanto "al ricorso proposto innanzi al Consiglio nazionale forense avverso la decisione disciplinare emessa dal Consiglio distrettuale di disciplina non può ritenersi applicabile, in via immediata e diretta, il disposto dell'art. 342 cod. proc. civ., come si è affermato invece nell'impugnata sentenza."
Per quanto riguarda invece il secondo e terzo motivo d'impugnazione avente ad oggetto la decisione del CNF, la Cassazione rileva come: "la sentenza impugnata ha convalidato, sulla base della valutazione delle risultanze probatorie acquisite, il giudizio del collegio territoriale circa il disvalore deontologico della condotta dell'incolpata: per avere costei tenuto, nello svolgimento della propria attività professionale, una condotta contraria al dovere di fedeltà, oltreché agli interessi della propria assistita, non avendo iniziato nei confronti del datore di lavoro (…) s.r.l., alcuna azione, al fine di ottenere il pagamento della retribuzione maturata, rassicurando la cliente circa il buon esito di accordi, in realtà mai esistiti; per avere richiesto il versamento di somme in contanti, con l'intento di incamerarle senza emettere regolare fatturazione; per avere omesso di informare la (…) della sua sospensione dall'esercizio della professione a tempo indeterminato."
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