di Annamaria Villafrate - La Cassazione con l'ordinanza n. 797/2020 (sotto allegata) nega il risarcimento a una ex moglie e figlia del de cuius. Il fatto che nel manifesto funebre la nuova compagna dell'uomo non le abbia indicate tra i parenti del defunto, non lede alcun diritto per cui nessun risarcimento deve essere riconosciuto.
- 1. Niente nomi dell'ex moglie e della figlia nel manifesto
- 2. Il ricorso in Cassazione
- 3. Niente risarcimento per i nomi omessi nel manifesto funebre
Niente nomi dell'ex moglie e della figlia nel manifesto
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Ex moglie e figlia agiscono in giudizio perché venute a conoscenza della morte dell'ex marito e del padre grazie alla pubblicazione del manifesto funebre, in cui i nomi delle due donne sono stati volutamente omessi tra i vari parenti menzionati. Chiedono quindi il risarcimento dei danni subiti, perché la nuova compagna è stata identificata erroneamente come moglie del defunto, senza esserlo, visto che il de cuius era separato, non divorziato.
Il Tribunale però rigetta le richieste risarcitorie avanzate e condanna la figlia al pagamento delle spese processuali, in quanto la madre, nelle more del giudizio, è venuta a mancare. La figlia a questo punto impugna la decisione di primo grado, ma anche la corte d'Appello rigetta le sue richieste e la condanna a pagare le spese del giudizio di secondo grado.
Il ricorso in Cassazione
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La figlia del defunto non si arrende e impugna la sentenza in cassazione sollevando i motivi che si vanno ed esporre.
Con il primo lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2 e 22 Cost., dell'art. 6 cod. civ., degli artt. 130 e 131 cod. civ., dell'art. 132 del codice di procedura civile e l'omesso esame di un fatto decisivo. La ricorrente evidenzia il rilievo costituzionale del diritto al nome e la mancata motivazione sulla questione del possesso di stato di madre e figlia.
Con il secondo sostiene la violazione e la falsa applicazione degli artt. 130-131 cod. civ., degli artt. 2043 e 1226 cod. civ. e omesso esame di un fatto decisivo. Il fatto che la compagna del padre si sia fregiata del titolo di moglie, quando in realtà non lo era ha comportato la lesione del diritto al nome della vera moglie, con conseguente diritto al risarcimento del danno.
Con il terzo lamenta la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2043 cod. civ., degli arti. 184 e 132 cod. proc. Civ., nonché l'omesso esame di un fatto decisivo perché ha ritenuto rinunciate le richieste probatorie perché non riproposte in sede di precisazione delle conclusioni in appello.
Con l'ultimo infine contesta la condanna al pagamento delle spese processuali che in Appello è stata inasprita rispetto la primo grado.
Niente risarcimento per i nomi omessi nel manifesto funebre
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La Cassazione con l'ordinanza 797/2020 rigetta il ricorso della figlia in proprio e nella qualità di erede della defunta madre per i motivi che si vanno ad esporre.
I primi due motivi, decisi congiuntamente, vengono dichiarati inammissibili dalla corte in quanto: "la sentenza, con un accertamento in fatto non più discutibile in questa sede, ha ritenuto che il manifesto funebre non potesse, di per sé solo, ledere lo status di moglie e di figlia del defunto in capo alle attrici, i motivi insistono nel sostenere la lesione del diritto al nome ed il conseguente diritto al risarcimento del danno, ma nulla dicono in ordine all'effettivo pregiudizio subito e non dimostrano in alcun modo quale danno dovrebbe essere loro risarcito."
Inammissibile il terzo motivo perché la ricorrente nulla dice in merito alle prove che la corte non avrebbe ammesso e sulla loro decisività. Inammissibile infine anche il quarto motivo perché generico nella forma e infondato nella sostanza avendo la corte applicato semplicemente le regole sulla soccombenza.
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Scarica pdf Cassazione n. 797-2020• Foto: 123rf.com