di Gabriella Lax - Non è stato tutelato il diritto di vedere la figlia, per questo motivo l'Italia è stata condannata dalla Corte europea. Lo Stato italiano dovrà risarcire il protagonista di questa vicenda.
- 1. Il caso: affidamento congiunto
- 2. Violati i diritti di un padre
- 3. Le sentenza della Corte di Strasburgo
Il caso: affidamento congiunto
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L'uomo nel luglio 2009, si separa dalla compagna che torna a vivere in famiglia portando con sé la figlia di soli 4 mesi. I giudici decidono per l'affidamento in via esclusiva alla madre, concedendo al padre la possibilità di incontri settimanali. Già dall'inizio l'uomo rileva e segnala le difficoltà che incontra nel vedere la bambina. Motivo questo che lo porta a chiedere l'affidamento condiviso. Ma la situazione invece che migliorare peggiora. È il 2014 quando il tribunale ordina all'ex compagna di non reiterare comportamenti "ostativi" e in seguito, nel 2015, predispone l'affidamento congiunto dopo la segnalazione di atteggiamenti ostili della figlia nei confronti del padre. La decisione dei giudici ipotizza un rischio psicologico per la piccola, si utilizza il verbo "aizzare". Non cambia nulla. Nel febbraio del 2017 i servizi sociali richiedono una valutazione psicologica.
Violati i diritti di un padre
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Per la Corte europea dei diritti dell'uomo il padre ha pagato un alto prezzo, considerato che si è visto negare il suo diritto di incontrare la figlia ripetutamente contrastato dalla ex compagna. Ma l'Italia presenta nel 2017 un'obiezione, ritenendo di avere adottato, nel caso concreto, senza ritardo, misure e strumenti adeguati e sufficienti per la tutela degli interessati e dei loro diritti. Un'obiezione respinta, anzi la Corte europea stabilisce che tali misure non sono state adeguate e che i diritti della bambina debbono essere sempre prevalenti. Per questo motivo l'uomo dovrà essere risarcito dallo Stato italiano per una cifra quantificabile oltre i 23.000 euro.
Le sentenza della Corte di Strasburgo
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Nello specifico «La Corte considera che le autorità nazionali non abbiano fatto sforzi adeguati e sufficienti per far rispettare il diritto di visita del ricorrente e che abbiano violato il diritto dell'interessato al rispetto della sua vita famigliare». Così la sentenza del 5 dicembre 2019, con la quale la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato ricevibile il ricorso dell'uomo sul caso dell'affidamento di sua figlia, ritenendo che non siano state adottate dallo Stato italiano tutte le misure necessarie al corretto svolgimento della relazione tra padre e figlia.
Scarica la sentenza della Cedu sul sito del ministero della giustizia
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