Per la Cassazione, è giusta la condanna per ricettazione per il soggetto che si appropria di una Postepay smarrita valida e intestata nominativa a un terzo

di Annamaria Vilafrate - La Cassazione con la sentenza n. 4132/2020 (sotto allegata) respinge la ricostruzione proposta dal difensore dell'imputato, secondo cui l'impossessamento di una Postepay smarrita configurerebbe la fattispecie depenalizzata di appropriazione di cose smarrite. Nel caso di specie il soggetto, impossessandosi di una Postepay "smarrita" intestata e in corso di validità, ha accettato il rischio della possibile provenienza illecita e del rischio relativo, integrando in questo modo il reato di ricettazione, poiché non è consueto trovare per terra carte destinate all'acquisto di beni e servizi.

Condanna per reato di ricettazione

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La corte d'appello conferma la sentenza

di primo grado e condanna l'imputato per il reato di ricettazione di una carta Postepay, provento di un furto in danno del titolare.

Il ricorso in cassazione dell'imputato

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L'imputato ricorre in Cassazione sollevando tre motivi di doglianza:

  • insussistenza dell'elemento psicologico del reato. L'imputato
    non era consapevole della provenienza illecita della carta e da come si sono svolti i fatti non è desumibile il dolo;
  • insussistenza del dolo specifico perché l'imputato, ignaro del codice di sicurezza della carta non poteva trarre profitto dalla stessa;
  • errata qualificazione del fatto come ricettazione, in quanto trattasi piuttosto di appropriazione di cose smarrite ai sensi dell'art. 647 c.p., peraltro ipotesi depenalizzata e che si realizza quando qualcuno si appropria di cose abbandonate volontariamente dal titolare;
  • erronea applicazione degli artt. 133 (gravità del reato valutazione agli effetti della pena) e 62 bis c.p (attenuanti generiche).

Ricettazione per chi si impossessa di una Postepay valida e intestata

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La Cassazione con la sentenza n. 4132/2020 dichiara il ricorso inammissibile perché i motivi di doglianza vertono su questioni già trattate e risolte in sede d'appello.

In ogni caso la corte chiarisce che l'elemento psicologico della ricettazione è integrato anche dal dolo eventuale, sussistente nel caso di specie poiché il soggetto si è impossessato per un lungo periodo di una carta postepay valida intestata accettando il rischio della provenienza illecita della carta, visto che non è normale rivenirla a terra, in quanto strumento destinato all'acquisto di beni e servizi. Infondato anche il secondo motivo. L'assenza del codice numerico infatti non da origine a reato impossibile.

Sulla qualificazione della fattispecie la corte rigetta la ricostruzione e la sua riconduzione alla fattispecie di appropriazione di cose smarrite perché più volte è stato chiarito che in caso di smarrimento di carte di credito o assegni che riportino "intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, il venir meno della relazione materiale fra la cosa e il suo titolare non implica la cessazione del potere di fatto di quest'ultimo sul ben smarrito, con la conseguenza che colui che se ne appropria senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e non quello di appropriazione di cose smarrite." Per cui visto che il reato presupposto è il furto "la successiva circolazione della carta mediante il trasferimento ad altri integra proprio l'ipotesi di ricettazione" perché anche i successivi possessori del reato di ricettazione sono consapevoli dell'altruità della cosa e della sua provenienza illecita.

La corte infine conferma e approva la mancata concessione delle attenuanti generiche da parte del giudice dell'impugnazione, che ha tenuto conto della personalità negativa dell'imputato e stante questa valutazione la pena risulta comunque prossima al minimo edittale, in presenza degli indici di gravità di cui all'art 133 c.p.

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Scarica pdf Cassazione n. 4132-2020

Foto: www.poste.it
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