di Annamaria Villafrate - Per la Cassazione n. 5092/2020 (sotto allegata) la denuncia querela per stalking, stando alla lettera dell'art. 612 bis c.p. che punisce gli atti persecutori, è irrevocabile solo se le minacce rivolte alla persona offesa sono reiterate ma anche gravi. Per questo accoglie il ricorso di un marito imputato per stalking. La Corte d'Appello infatti ha erroneamente escluso la revocabilità della querela da parte della persona offesa perché ha ritenuto prevalente la reiterazione delle minacce e non la gravità delle stesse.
- Stalking ex art. 612 bis c.p.
- Il ricorso in Cassazione dell'imputato per stalking
- Stalking: quando si può revocare querela
Stalking ex art. 612 bis c.p.
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La Corte d'Appello in riforma della sentenza
di primo grado, disapplicando la recidiva applica la pena all'imputato responsabile di atti persecutori previsti dall'art. 612 bis c.p. commessi in danno della moglie. Per la Corte d'appello la remissione di querela è inefficace stante la ripetizione delle minacce, l'irrilevanza della condotta della persona offesa e il fatto che il mutamento delle abitudini della stessa non concreta un elemento del delitto contestato.Il ricorso in Cassazione dell'imputato per stalking
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L'imputato ricorre alla Corte di legittimità lamentando con il primo motivo il vizio di motivazione in relazione al delitto di atti persecutori contestatogli, poiché la Corte d'Appello non ha affrontato il tema dello stato d'ansia o del mutamento delle abitudini di vita della persona offesa ricollegabile alle sole minacce inviate tramite messaggi telefonici. Il giudice di seconde cure non ha inoltre preso in considerazione il fatto che, come dichiarato dalla stessa moglie, durante i litigi entrambi passassero alle vie di fatto e che quindi la persona offesa non ha mai mostrato un vero timore nei suoi confronti.
Con il secondo motivo l'imputato invece fa presente che è assente l'elemento soggettivo del reato poiché non era sua intenzione perseguitare la moglie, ma rivendicare le proprie esigenze abitative e impedire che la figlia fosse costretta a frequentare il nuovo compagno della madre.
Con il terzo infine lamenta come la Corte non abbia preso in considerazione la possibile remissione della querela, valutando solo la ripetitività delle minacce e non la scarsa gravità come richiesto dall'art. 612 bis c.p.
Stalking: quando si può revocare querela
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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5092/2020 annulla il provvedimento impugnato, rinvia per nuovo esame stante l'accoglimento del primo e del terzo motivo, assorbito il secondo.
Per la Cassazione infatti erra la Corte quando afferma che il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa non costituisce un requisito essenziale del reato. Perché si configuri il reato di stalking infatti è necessario che la vittima provi un perdurante e grave stato di ansia o di paura o il fondato timore per la sua incolumità o per quella di un prossimo congiunto o persona a cui è legata da vincoli affettivi e che si verifichi un mutamento della proprie abitudini di vita.
La Corte ha omesso di chiarire se lo stato di disagio e di prostrazione psicologica della persona offesa sia sfociato in paura, ansia o timore e abbia comportato il mutamento delle abitudini di vita della vittima, sulle quali si è espressa, escludendone erroneamente la rilevanza.
Fondato altresì il terzo motivo. La corte d'appello ha infatti affermato erroneamente che "la remissione di querela non ha potuto produrre l'effetto estensivo del reato, poiché ricorrono minacce reiterate, a nulla rilevando secondo la legge il carattere di gravità, ma la ripetizione della condotta volta a spaventare la vittima." L' art. 612 bis c.p. infatti prevede che la querela è irrevocabile quando le minacce reiterate siano anche gravi, come del resto affermato da Cassazione n. 2299/2015 per la quale "è irrevocabile la querela presentata per il reato di atti persecutori quando la condotta sia stata realizzata con minacce gravi e reiterate."
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