Rinnovo licenza armi: il ricorso al Tar
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Procedi allora al ricorso davanti il Tar, impugnando il decreto questorile di diniego.
Il Tar lo accoglie e annulla il provvedimento amministrativo, quindi l'amministrazione ti rilascia il titolo.
Adesso fai bene attenzione a questo passaggio: supponi che alla scadenza della validità della licenza rinnovata, tu presenti l'istanza di rinnovo e questa viene respinta sulla base delle stesse precedenti argomentazioni, cioè l'ostatività del vecchio reato, nonostante l'intervenuta riabilitazione valutata però come inidonea a consentire l'uso delle armi.
Bene, in presenza di una situazione del genere, cosa fai?
Il secondo ricorso al Tar
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La soluzione è solo una: presentarti nuovamente davanti il Tar per impugnare questo ulteriore e inspiegabile diniego, non c'è altra soluzione.
Il Tribunale non può che accogliere questa tua nuova domanda di annullamento, dal momento che in presenza della riabilitazione cade l'automatismo ostativo al mantenimento, alla concessione o al rinnovo del porto d'armi.
Adesso mettiamo il caso che il Ministero non condivida questa impostazione e presenti l'appello al Consiglio di Stato, dicendo che aveva rinnovato l'originario titolo autorizzatorio solo in doverosa esecuzione della prima sentenza a te favorevole: cosa accadrà?
Te lo dico subito: il giudice di secondo grado respingerà l'appello proposto, per un motivo molto semplice.
L'appello al Consiglio di Stato
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Il motivo è questo: il "perché dell'appello" non regge, dal momento che quando la Questura rinnovò il titolo lo fece senza riserve, senza fare alcun riferimento al fatto che stava rinnovando perché costretta dalla sentenza favorevole del Tar.
In altre parole: il Consiglio di Stato ti darà ragione in quanto non è ammessa una motivazione postuma del provvedimento amministrativo.
Ricordiamo, infatti, che la funzione importantissima della motivazione di qualsiasi provvedimento amministrativo è quella di permettere la comprensione delle ragioni del provvedimento stesso e, allo stesso tempo, di agevolare la difesa della parte interessata.
Principio, quello qui ricordato, scolpito dalla Sezione 3 del Consiglio di Stato con la sentenza n. 923/2020.
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