di Annamaria Villafrate - La Cassazione fornisce importanti indicazioni nel momento in cui è necessario procedere alla ripartizione della pensione di reversibilità tra l'ex coniuge del defunto e quello superstite. Con l'ordinanza n. 5290/2020 (sotto allegata) chiarisce che l'importo dell'assegno di divorzio non rappresenta un tetto invalicabile nella determinazione della quota di pensione di reversibilità spettante all'ex coniuge. Con l'ordinanza n. 5268/2020 (sotto allegata), invece, precisa che la convivenza prematrimoniale non viene presa in considerazione per correggere il risultato che deriva dall'applicazione del criterio della durata del matrimonio. Essa infatti ha un suo distinto e autonomo rilievo giuridico, se il coniuge interessato dimostra la stabilità e l'effettività della comunione di vita prima delle nozze.
- La pensione di reversibilità
- L'importo dell'assegno divorzile non è un limite per la reversibilità
- Convivenza prematrimoniale è criterio per determinare quota reversibilità
La pensione di reversibilità
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Ricordiamo brevemente, prima di passare all'approfondimento giurisprudenziale in materia, che la pensione di reversibilità
è una prestazione di tipo economico che viene erogata dall'Inps a determinate categorie di familiari del pensionato defunto. La pensione di reversibilità in particolare spetta prima di tutto al coniuge superstite, a quello precedente in caso di separazione e divorzio, ai figli, ai nipoti, ai genitori e ai fratelli e alle sorelle, in presenza di determinate condizioni di età e di reddito.L'importo dell'assegno divorzile non è un limite per la reversibilità
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La Corte d'Appello, riformando la sentenza
di primo grado, riconosce alla ex moglie del defunto una quota del 25% della pensione di reversibilità, mentre alla moglie superstite il 75%. La Corte, nel determinare le diverse misure della pensione di reversibilità ha tenuto conto dei parametri indicati dalla sentenza n. 419/1999 della Corte Costituzionale:- la durata dei due matrimoni, comprese le convivenze pre-matrimoniali;
- le condizioni economiche delle parti;
- l'entità dell'assegno divorzile della prima moglie.
La coniuge superstite, non concorde con la decisione del giudice d'appello ricorre in Cassazione facendo presente che la sentenza non ha tenuto conto della natura dell'assegno di divorzio alla luce degli attuali orientamenti giurisprudenziali e del principio in base al quale la pensione di reversibilità non può superare l'ammontare dell'importo dell'assegno di divorzio erogato in vita.
La Cassazione con ordinanza n. 5290/2020 dichiara il motivo inammissibile perché finalizzato a ottenere una diversa valutazione del merito della vicenda, che non può avere seguito in sede di legittimità, tanto più che la corte d'appello è giunta alla decisione finale prendendo in considerazione tutti i parametri previsti per la determinazione delle due diverse percentuali della pensione di reversibilità. Il motivo inoltre è infondato perché l'entità dell'assegno di divorzio erogato in vita all'ex coniuge è solo uno dei parametri da valutare, non costituisce il limite invalicabile per determinare la misura della pensione di reversibilità.
Convivenza prematrimoniale è criterio per determinare quota reversibilità
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La Corte d'Appello accoglie parzialmente il gravame della moglie superstite e ridefinisce la misura dell'assegno di reversibilità in favore della ex moglie nella misura del 35%, riconoscendo all'appellante il 65%.
L'ex moglie, in disaccordo con la sentenza del giudice di seconde cure ricorre in Cassazione, lamentando l'errata valorizzazione da parte della corte dell'ipotetica convivenza prematrimoniale con il coniuge superstite, senza che di questo fatto sia stata fornita prova documentale. Con il secondo invece critica la rilevanza attribuita dalla Corte al confronto delle rispettive posizioni delle due mogli e alla misura dell'assegno divorzile. Biasima inoltre il giudice per non aver dato rilevanza al fatto che la ex moglie poteva ancora inserirsi nel mondo del lavoro, senza considerare i benefici ereditari di cui la donna aveva beneficiato dopo la morte dell'ex marito.
La Cassazione con ordinanza n. 5268/2020 dichiara il ricorso inammissibile per le seguenti ragioni. Il primo motivo è inammissibile perché la Corte in realtà ha valorizzato in modo autonomo la convivenza prematrimoniale della ex moglie, nel determinare la quota di pensione spettante a entrambe le donne.
La convivenza more uxorio, infatti, come spigato dalla Cassazione "non ha una semplice valenza correttiva dei risultati derivanti dall'applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale."Parimenti inammissibile il secondo motivo, sollevato per ottenere una diversa valutazione nel merito della vicenda, non consentito in sede di legittimità.
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