di Lucia Izzo - In tema di prova della responsabilità contrattuale ascrivibile a comportamento negligente del medico e di causalità giuridica, spetta al sanitario provare che non vi è stato inadempimento, oppure che, in caso di complessiva negligenza sotto il profilo dell'ars medica, la sua opera non ha avuto alcun impatto negativo sulla salute del paziente.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 5128/2020 (sotto allegata) accogliendo il ricorso della paziente di un centro odontoiatrico che aveva agito nei confronti della struttura sanitaria e del medico che l'aveva in cura.
- Accertamento responsabilità del dentista
- Responsabilità medica e riparto onere probatorio
- Inutilità degli interventi
- Negligenza senza conseguenze sulla salute del paziente
Accertamento responsabilità del dentista
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La Corte d'appello di Bologna, riformando la sentenza di primo grado che aveva dato ragione alla signora, aveva respinto la domanda di accertamento della responsabilità professionale ritenendo non sufficientemente allegati e provati sia la condotta negligente addebitata al medico dentista, che il nesso causale relativo al danno biologico conseguente.
La paziente, invece, ritene che tale decisione violi la disciplina circa gli oneri probatori in tema di responsabilità contrattuale ed evidenzia come il trattamento sanitario eseguito, ma lasciato incompleto dal medico, si era rivelato errato in quanto non aveva risolto, anzi aveva peggiorato, i problemi che la affliggevano. Dello stesso avviso sono anche i giudici della Corte di Cassazione che ritengono di accogliere il ricorso.
Responsabilità medica e riparto onere probatorio
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Gli Ermellini richiamano costante giurisprudenza secondo cui, in tema di responsabilità contrattuale
della struttura sanitaria per l'inesatto adempimento della prestazione sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio il paziente danneggiato dovrà limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'aggravamento della situazione patologica (oppure l'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento), nonché il relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari.A carico dell'obbligato, invece, rimane l'onere di dimostrare che non vi sia stato alcun inadempimento (ovvero che la prestazione professionale è stata eseguita in modo diligente) e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile (cfr. Cass. n. 18392/2017) oppure che tale inadempimento, qualora vi sia stato, non risulta eziologicamente rilevante.
Infatti, nell'ambito dell'azione di responsabilità medica, l'inadempimento rilevante per il risarcimento del danno nelle obbligazioni c.d. di comportamento non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno.
Ciò comporta che l'allegazione del paziente - creditore non può attenere a un inadempimento, qualunque esso sia, o comunque genericamente dedotto, ma a un inadempimento "qualificato", e cioè "astrattamente efficiente alla produzione del danno" (cfr. Cass., SS.UU. n. 577/2008).
Inutilità degli interventi
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Nel caso di specie, in base alla CTU acquisita, la Corte d'Appello ha evidenziato sia l'inutilità dei lavori di implantologia eseguiti, sia la loro negligente esecuzione da parte del medico convenuto, sottolineando la mancata apprezzabile risoluzione dei problemi clinici della paziente.
Ciononostante, il giudice a quo ha inspiegabilmente ritenuto rilevante, e circostanza non controversa, l'allegazione del medico inerente il fatto che l'attrice si era presentata con un lavoro protesico incongruo effettuato presso un altro studio.
E invece, la censura della paziente coglie nel segno laddove denuncia che la Corte territoriale, pur valorizzando la relazione del CTU, che aveva dato conto dell'inutilità e della non correttezza, nel suo complesso, della prestazione resa e foriera di danno alla persona, secondo parametri medico-legali, sia invece pervenuta alla conclusione circa la sussistenza di una insuperabile "incertezza" sia sulla condotta in concreto tenuta dai sanitari, sia sul nesso di causa, che in tesi avrebbe dovuto provare l'attrice.
Negligenza senza conseguenze sulla salute del paziente
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Difatti, sotto il profilo della lesività della condotta medica, nel caso di specie ci sono stato effetti sulla salute della paziente misurabili sotto il profilo della causalità giuridica, perché l'aggravamento osservato è ascrivibile al medico, ed è comunque valutabile in termini di causalità giuridica.
È stata, dunque, dimostrata la complessiva negligenza medica relativamente all'opera prestata dal medico curante, subita nell'arco di tempo in cui la paziente è stata sottoposta alle sue cure, idonea a determinare un aggravamento delle condizioni di salute della persona.
Pertanto, secondo il principio della causalità adeguata, sarebbe stato onere del medico provare il contrario, ovvero che le cure dal medesimo effettuate sulla paziente, per quanto inutili sul piano del recupero della funzionalità dell'apparato dentario coinvolto, e comunque denotanti una sua complessiva negligenza sotto il profilo dell'ars medica, non avessero avuto alcun impatto sulla salute della persona rispetto alle condizioni pregresse di salute che egli stesso aveva potuto sin dall'inizio constatare e apprezzare, anche tenuto conto del principio di vicinanza della prova.
Scarica pdf sentenza Cassazione n. 5128/2020