I contenuti del nuovo Dpcm contro la diffusione del coronavirus impongono una nuova e più approfondita riflessione

Avv. Michele Zuppardi - L'amministratore condominiale dovrà rimandare tutti gli obblighi di mandato che comportino l'attività di convogliare, quale ne sia la ragione, piccoli o grandi "affollamenti di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro".

Il DPCM del 4 marzo

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Così avevamo scritto, nei giorni scorsi, a proposito delle prescrizioni contenute nel Dpcm emesso lo scorso 4 marzo a firma del Presidente del Consiglio, dopo aver sottolineato l'incombenza delle previsioni di cui all'art. 650 del codice penale nei confronti di "chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dell'autorità per ragione di giustizia o si sicurezza pubblica, d'ordine pubblico o d'igiene".

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E poiché il pronome indefinito "chiunque" non può evidentemente escludere gli amministratori condominiali, avevamo stigmatizzato i gravi rischi cui è sottoposta una intera categoria di professionisti circa la possibile incriminazione dei soggetti inadempienti ai sensi del citato articolo 650 c.p.

Il DPCM dell'8 marzo

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Le disposizioni contenute nel successivo Dcpm dell'8 marzo, che il Governo ha poi imposto a seguito dell'aggravarsi dei rischi del contagio virale, ha lasciato però ancora aperto un doveroso spazio "tecnico" di riflessione proprio in ordine ai profili di imputabilità degli amministratori condominiali che debbano o vogliano svolgere riunioni assembleari, o che - più semplicemente - debbano eseguire con terzi gli obblighi derivanti dal mandato ricevuto.

Dall'attenta lettura di tale nuovo provvedimento rileviamo infatti una elencazione quasi "rigorosa" delle tipologie di attività e di pubblico assoggettate ai divieti, come "gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina", "i corsi professionali e le attività formative", "le palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori" fino agli "impianti nei comprensori sciistici".

Il testo del nuovo Dpcm, ancora, riporta esaustive prescrizioni per luoghi di culto, musei, servizi educativi per l'infanzia, telelavoro, scuole di ballo, sale scommesse ed eventi di carattere culturale, ma nessuna previsione per le numerose incombenze poste in capo agli amministratori di condominio.

La coercizione e il rilievo penale

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Questa categoria di professionisti, dunque, sembra doversi esclusivamente rapportare all'indicazione di carattere generale che prevede la ormai nota "distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro", continuando a lavorare nell'interesse dei condòmini - anche ricevendoli e consultandoli - solo e soltanto in linea con tale unica prescrizione.

E' evidente come la mancanza di una norma specifica e diretta, che contempli espressamente e ad ampio raggio le modalità di interazione fra professionisti e loro mandatari, renda di fatto meno "pressante" il rilievo coercitivo della previsione ex art. 650 del codice penale e demandi ogni scelta comportamentale - giuridicamente parlando - al solo ed unico elemento della distanza minima prescritta fra una persona e l'altra.

La normale diligenza

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Oltre al buon senso, ed alla sempre necessaria diligenza del buon padre di famiglia, un importante indirizzo chiarificatore proviene fortunatamente dal Ministero dell'Interno, che nel riassumere le regole per gli spostamenti in questo speciale tempo di emergenza ha nel frattempo lapidariamente specificato: "si può uscire di casa per andare a lavoro, per ragioni di salute o situazioni di necessità".

E se lo stesso Ministero, nell'utile e sia pur sintetico messaggio riepilogativo proposto attraverso i mezzi di informazione ed i social si è spinto addirittura ad affermare che "non si può andare a mangiare dai parenti perchè è uno spostamento non necessario e quindi non rientra tra quelli ammessi", il cerchio sembra chiudersi senza se e senza ma.

Lecite solo le riunioni a distanza

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Sul punto, in mancanza di uno specifica disposizione nel Dpcm dell'otto marzo, è provvidenzialmente intervenuto il Governo con le Faq sul coronavirus. Nella parte relativa alla sezione "Riunioni", si legge chiaramente:

"Sono vietate le assemblee condominiali? Sono da considerarsi assembramenti di persone?

Sì, le assemblee condominiali sono vietate, a meno che non si svolgano con modalità a distanza, assicurando comunque il rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere".

Dunque, niente assemblee di persona ma solo a distanza. Ergo, l'art. 2, comma 1, del Dpcm dell'8 marzo, si può a questo punto confermare abbia sospeso gli eventi di qualsiasi natura, e, quindi anche le assemblee di condominio.


Foto: 123rf.com
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