Avv. Maurizio Castellani - Ad ogni avvocato prima o poi capita di dover confrontarsi con clienti che lamentano comportamenti non troppo urbani dei propri vicini. E' il caso delle cosiddette immissioni moleste.
- L'art. 844 del codice civile
- Immissioni non misurabili e "normale tollerabilità"
- La giurisprudenza sulle immissioni moleste
- Danno da immissioni in re ipsa
L'art. 844 del codice civile
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L'articolo 844 del codice civile recita: "Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso".
Immissioni non misurabili e "normale tollerabilità"
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Finché le immissioni sono valutabili con strumentazione scientifica, come ad esempio i rumori la cui intensità può essere misurata, sarà possibile, in sede istruttoria, dimostrare il superamento della normale tollerabilità (in genere stabilita per legge o regolamento) quale presupposto delle proprie richieste nell'eventuale contenzioso civilistico instaurato.
Il problema nasce quando le immissioni non sono misurabili scientificamente come ad esempio gli odori qualora non siano rappresentati da gas tossici o da vapori percepibili da strumenti.
In questo caso, il concetto di "normale tollerabilità" assume una connotazione molto soggettiva: ciò che per qualcuno può essere un odore non tollerabile, per altri può essere invece una esalazione sopportabile se non addirittura piacevole.
E' per questo che il professionista, nel timore di non avere strumenti per dimostrare, in sede probatoria, quelle che sono le lagnanze della parte attrice, è portato molto spesso a sconsigliare di intraprendere il giudizio (in ciò incoraggiato, molto spesso dallo scarso valore economico di tali contenziosi). Tuttavia la sfida, in molte occasioni, è stata accettata e la conseguente elaborazione giurisprudenziale ci consente di effettuare le seguenti considerazioni, soprattutto in ordine alla necessità di istruire adeguatamente le cause.
La giurisprudenza sulle immissioni moleste
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In materia di immissioni moleste il Giudice può, ed in certi casi deve (data la possibile assenza di altri riscontri), affidarsi a nozioni di comune esperienza. Nella fattispecie concreta di cui si discute deve operare la presunzione secondo la quale la presenza di determinati materiali in certe condizioni oggettive, porta innegabilmente alla produzione di odori che superano la soglia della normale tollerabilità.
Va qui citata la sentenza della seconda sezione della Cassazione Civile, numero 9865 del 11 maggio 2005 in un passo della quale viene riportato: "il giudizio di eccedenza rispetto alla normale tollerabilità delle immissioni risulta, altresì, corredato da richiamo a nozioni di comune esperienza (delle quali al giudice è consentito avvalersi, ai sensi dell'art. 115 comma 2 c.p.c.), sulla base della considerazione, palesemente plausibile - e comunque, nella specie, confermata da riscontro testimoniale - che [più cani rinchiusi in uno spazio limitato … possono creare problemi di natura igienico sanitaria]".
E' anche utile ricordare, sebbene la sopra riportata giurisprudenza di Cassazione debba considerarsi esaustiva, anche la massima ricavata dalla sentenza n. 46 del 26 febbraio 2007 emessa dal Tribunale di Montepulciano (che peraltro si rifà alla sentenza n. 2166 del 31 gennaio 2006 della Cassazione Civile), secondo cui: "La prova dell'intollerabilità delle immissioni può essere data con ogni mezzo anche mediante prove testimoniali".
Altro indizio che può far presumere il superamento della soglia di tollerabilità, può essere la potenziale presenza di inconvenienti igienico sanitari (anche se solo supposti). La potenziale presenza di inconvenienti igienico - sanitari, non può certo desumersi da odori rientranti nella normale tollerabilità, ergo, gli odori immessi, sono certamente eccedenti la normale tollerabilità.
Danno da immissioni in re ipsa
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In ordine alle conseguenze dannose del comportamento del responsabile, va detto che il danno da immissioni sussiste in re ipsa (Cassazione Civile sezione seconda, sentenza n. 5844 del 13 marzo 2007) e che il danno arrecato a terzi rientra nello schema generale di risarcimento danni di cui al combinato disposto degli articoli 2043 e 2059 c.p.c.. Andrà pertanto dato ristoro al pregiudizio patito, per l'indebita immissione di vapori maleodoranti eccedenti la soglia della normale tollerabilità, per la perdita di godimento dei propri beni o comunque per la indebita limitazione del pieno godimento degli stessi in termini di diminuita comodità, salubrità e tranquillità. Tutto ciò anche in termini di forti limitazioni ai diritti costituzionalmente garantiti concernenti i rapporti familiari, la proprietà privata e la libertà personale.
Infine va evidenziato che, in presenza di pregiudizi di tale fattispecie (di difficile quantificazione monetaria) va lasciato al Giudice l'onere della valutazione secondo equità (dato il combinato disposto degli artt. 113 c.p.c., 1226 e 2056 c.c.).
Sul punto si potrebbe anche citare l'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, che tutela il diritto dell'individuo al rispetto della vita privata, familiare e del relativo domicilio. Il rispetto del domicilio infatti va inteso non solo come diritto ad un mero spazio fisico, ma come facoltà di godimento, in tutta tranquillità, di detto spazio. Di conseguenza, le relative lesioni non si limitano a mere violazioni immateriali, come il rumore, le emissioni, gli odori, o altre forme di interferenze allorché queste impediscono alla persona di godere del proprio domicilio (vedasi la sentenza n. 59909 del 2 novembre 2006 Corte Europea Dei Diritti Dell'Uomo).
Vedi anche le nostre guide Immissioni di rumore