Per la Cassazione, integra il reato di truffa far firmare a una cliente in evidente stato di fragilità emotiva per la morte del marito un patto di quota lite esagerato

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con la sentenza n. 11030/2020 (sotto allegata) conferma la sentenza di condanna per truffa emessa dalla Corte d'Appello, che ha ribaltato la decisione di assoluzione di primo nei confronti di un avvocato che, approfittando del palese stato di fragilità emotiva di una sua cliente, da poco vedova, le ha fatto firmato un patto di quota lite con il quale il legale si è garantito un introito di 364.000 euro.

Reato di truffa

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Un avvocato viene condotto a giudizio per il reato di truffa continuata commessa ai danni di una cliente, indotta a consegnarli in contanti e con bonifici bancari 364.000 euro, per aver curato il rapporto con l'assicurazione al fine di farle ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al decesso del marito in un incidente stradale, approfittando in questo modo della fiducia riposta nei suoi confronti dalla donna, emotivamente fragile e provata dalla perdita del coniuge e dai problemi che ne sono seguiti anche con i figli.

Il Tribunale assolve il legale perché il fatto non sussiste. Dalla deposizione della persona offesa, a causa della sua debolezza, non sono emersi infatti, per il giudice di primo grado, elementi idonei per sostenere l'accusa, anche perché la stessa ha riconosciuto come propria la firma apposta in calce al patto di quote lite concordato con il legale. Il P.M però ricorre in appello, e il giudice di seconde cure rinnova il dibattimento, procede a un nuovo esame della persona offesa e del fratello e riforma la sentenza, dichiarando il legale colpevole ai sensi degli artt. 81, 640 e 61 n. 7 e 11 c.p. e condannandolo, previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di giustizia con il beneficio della sospensione condizionale e della non menzione.

Negato il "ragionevole dubbio"

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Ricorre in sede di legittimità il legale sollevando i seguenti motivi di ricorso. Con il primo lamenta il mancato nuovo esame dei testi della difesa, perché negando il rinnovo completo dell'istruttoria dibattimentale la Corte d'appello si è negata la possibilità di superare il "ragionevole dubbio" .

Con il secondo lamenta il fatto che l'istruttoria non sia riuscita a provare che la donna abbia firmato un foglio bianco, poi compilato dall'avvocato, così come non è stato dimostrato il motivo per il quale la cliente abbia disposto il bonifico in favore del legale a distanza di un anno e mezzo. Travisata la deposizione del maresciallo della Guardia di Finanza e incomprensibile l'omessa valutazione della testimonianza del cassiere della banca da cui emerge che l'operazione compiuta dalla cliente corrispondeva effettivamente alla sua volontà. Il ricorrente infine lamenta la mancata valutazione della liceità del patto di quota lite, consentito dalla legge n. 248/2006 e travisato il dato relativo agli 85.000 euro, corrisposti all'avvocato oltre i 300.000 già versati con bonifico, visto che n realtà questo importo è quello qualificato ai soli fini fiscali.

Truffa il patto di quota lite che prevede un compenso esagerato

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Con la sentenza n. 11030/2020 la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per le ragioni che si vanno a illustrare.

Infondato il primo motivo del ricorso. La sentenza impugnata si è già espressa sull'attendibilità dei testi della difesa, dalle cui dichiarazioni Tribunale ha desunto in modo incontrovertibile il fatto che l'avvocato ha incassato la somma di 364.000 euro in base al patto di quota lite stipulato con la cliente. La Corte d'Appello ha ritenuto di dover procedere alla rinnovazione dell'istruttoria perché l'esame della persona offesa non era stato completato a causa di un malore che l'aveva colpita dopo la prima domanda del Pubblico Ministero.

In questo modo il giudice dell'impugnazione, in linea con la giurisprudenza della Corte, ha disposto il rinnovo delle sole prove dichiarative oggetto di errata valutazione da parte del Tribunale decisive per poter sciogliere il dubbio sul proscioglimento o la condanna. Proprio dalla deposizione della persona offesa è emerso il raggiro messo in atto dall'avvocato, il quale ha fatto firmato alla cliente, in evidenti condizioni di fragilità emotiva a causa della morte del marito, un foglio bianco, poi risultato contenere il patto di quota lite.

Del resto la corte ha già evidenziato che "integra il reato di truffa la condotta dell'avvocato che , approfittando del rapporto fiduciario e dell'estraneità alle questioni giuridiche della persona offesa, proponga o faccia sottoscrivere al proprio assistito il patto di quota lite, tacendone l'entità sproporzionata dell'importo derivante a titolo di compenso delle prestazioni professionali."

Firma del patto, che nel caso di specie è la prova chiave del piano truffaldino messo in atto dal legale che, a partire dal 2009, ha portato sui suoi conti la somma di 364.000 euro. La Corte è quindi giunta correttamente a ritenere integrato il reato di truffa stante l'inconsapevolezza della vittima del sul contenuto del patto che la obbligava a corrispondere all'avvocato il 50% dell'importo ottenuto a titolo di risarcimento per la morte del marito.

Inammissibili doglianze sollevate con il secondo motivo del ricorso perché finalizzate a una rilettura degli elementi di fatto posti a base della decisione e a sollecitare una differente comparazione dei risultati probatori.

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Foto: 123rf.com
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