Le misure restrittive introdotte dall'esecutivo rispettano i diritti previsti dalla nostra Carta costituzionale?
Le misure restrittive introdotte rispettano i diritti previsti dalla Costituzione?

Analizziamo anzitutto il coacervo di provvedimenti legislativi emanati dal 31 gennaio al 1° aprile 2020.

Coronavirus: i provvedimenti dal 31 gennaio al 1° aprile

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Con delibera 31 gennaio 2020 (G.U n.26 dell'1.2.20) il Consiglio dei Ministri dichiarava lo stato di emergenza per mesi sei in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, vista la dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per coronavirus dell'OMS del 30 gennaio 2020.

Alla delibera sono seguiti vari provvedimenti, emanati dal Governo o dalle autorità locali che in relazione all'evolversi dell'epidemia, hanno dettato norme via via più restrittive. Il decreto legge

23 febbraio 2020 n.6 (G.U. n.45 del 23.2.20) prevedeva misure urgenti di contenimento per evitare il diffondersi dell'epidemia COVID 19 "..nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione..". Il decreto legge autorizzava le autorità competenti ad adottare "..ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all'evolversi della situazione epidemiologica". Il testo della norma suggeriva alcune delle misure di contenimento tra cui, il divieto di allontanamento o accesso ai Comuni interessati, la sospensione di manifestazioni di qualsiasi natura, la sospensione dei servizi educativi e all'infanzia delle scuole di ogni ordine e grado compresi gli istituti superiori ed università, l'applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva degli individui che avevano avuto contatti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva, la chiusura delle attività commerciali salvo quelle destinate alla vendita
dei generi di prima necessità, la chiusura degli uffici pubblici, la sospensione delle attività lavorative delle imprese ad eccezione di quelle eroganti servizi essenziali o di pubblica utilità.

Il decreto, all'articolo comma 3, prevedeva che le misure di contenimento, che potevano consistere anche in misure diverse da quelle elencate, potessero essere adottate con uno o più decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Salute e sentito il Ministro dell'Interno, della Difesa, dell'Economia e Finanze e di ogni altro Ministro competente per materia nonché i Presidenti delle Regioni, qualora le misure avessero riguardato una o più Regioni determinate.

In data 5 marzo 2020 veniva promulgata la legge n.13 di conversione del decreto legge 23 febbraio 2020 (G.U.n.61 del 9.3.20).

Seguivano i vari Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Con DCPM del 25 febbraio 2020 (G.U.n.47 del 25.2.20), in attuazione dell'art.3 sopra citato adottava ulteriori misure di contenimento, nei territori di Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Piemonte. Tra le altre, venivano vietate o consentite solo se svolte a porte chiuse, le competizioni sportive, compresi gli allenamenti, i viaggi di istruzione, l'accesso ai musei e luoghi di cultura.

Con DPCM 1° marzo 2020 (G.U. n.52 dell'1.3.20) recante "Ulteriori disposizioni attuative del decreto legge 23.2.20 n.6 recante misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica COVID 19" adottava misure urgenti di contenimento nei Comuni individuati nell'allegato 1 del decreto stesso (la c.d. iniziale "zona rossa") che consistevano nel limitare la libera circolazione delle persone all'interno delle zone specificamente individuate, oltre a prevedere la sospensione di manifestazioni, la chiusura dei servizi educativi e all'infanzia per scuole di ogni ordine e grado, la sospensione dei viaggi di istruzione e dell'apertura al pubblico dei musei e altri luoghi di cultura, oltre alla chiusura delle attività commerciali con le eccezioni già previste dal decreto del 23 febbraio 2020 n.6.

Il provvedimento, prevedeva misure per le zone indicate negli allegati 2 e 3 (zone non qualificate come "rosse") tra cui la sospensione delle competizioni sportive se non svolte a porte chiuse, la regolamentazione delle attività nei comprensori sciistici con limitazione dell'accesso agli impianti e la sospensione fino all'8 marzo 2020 di tutte le manifestazioni organizzate e dei servizi educativi e all'infanzia per le scuole di ogni ordine e grado, la limitazione nello svolgimento delle attività di ristorazione nel rispetto della misura del distanziamento di metri 1, la chiusura dei centri commerciali nei giorni di sabato e domenica.

Il decreto prevedeva, per la sola Regione Lombardia e per la Provincia di Piacenza, la sospensione delle attività svolte in palestre e centri sportivi.

L'articolo 4 prevedeva ulteriori misure, pur meno restrittive, da applicarsi sull'intero territorio nazionale.

Interveniva poi il DPCM del 4 marzo 2020 (G.U. n.55 del 4.3.20) che sospendeva su tutto il territorio nazionale manifestazioni, congressi, riunioni, meeting eventi sociali, spettacoli di qualsiasi natura compresi quelli teatrali e cinematografici, nonché le competizioni sportive salvo alcune eccezioni ma con determinazione di modalità di svolgimento a porte chiuse. Il decreto confermava la sospensione dei servizi educativi ed all'infanzia nonché di tutte le attività in ogni scuola di ordine e grado fino al 15.3.20.

Il successivo DCPM 8 marzo 2020 (G.U.n.59 dell'8.3.20) estendeva le misure di contenimento relative alla libera circolazione delle persone (estendendo la c.d. originaria "zona rossa") ai seguenti territori: Regione Lombardia, Province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro-Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia. In particolare, oltre al resto, il DCPM prevedeva il divieto di spostamento in entrata e in uscita dai territori e all'interno dei territori stessi, salvo che per spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute, oltre al divieto assoluto di allontanamento dalla propria abitazione per le persone con sintomatologia febbrile o da infezione respiratoria. Il decreto manteneva fermi i divieti già adottati sull'intero territorio nazionale. L'efficacia delle misure era prevista fino al 3 aprile 2020.

Il DCPM 9 marzo 2020 (G.U. n.62 del 9.3.20) estendeva a tutto il territorio nazionale le misure già adottate con DCPM 8 marzo 2020 prevedendone l'effetto dal 10 marzo 2020 al 3 aprile 2020.

Con DCPM 11 marzo 2020 (G.U. n.64 dell'11 marzo disponeva per tutto il territorio nazionale la sospensione delle attività commerciali al dettaglio ad eccezione delle attività di vendita dei generi alimentari e di prima necessità, oltre alla chiusura delle attività di ristorazione, tra cui bar, pub, pasticcerie, gelaterie (salvo i servizi di mensa e catering per le quali era previsto il rispetto della distanza interpersonale di metri 1), fatta salva l'attività di ristorazione con consegna a domicilio, e la chiusura delle attività che erogavano servizi alla persona. Il decreto prevedeva misure determinate per consentire lo svolgimento di attività produttive e professionali. Le misure venivano adottate fino al 25 marzo 2020; ed era espressamente prevista la cessazione di efficacia delle disposizioni di cui ai decreti 8 e 9 marzo in quanto incompatibili.

Il DCPM 22 marzo 2020 (G.U. 76 del 22.3.20) sospendeva le attività produttive ed industriali sull'intero territorio nazionale; vietava lo spostamento di tutte le persone fisiche in comune diverso rispetto a quello ove si trovavano salvo che per comprovate esigenze lavorative, assoluta urgenza o motivi di salute. Il termine di efficacia delle disposizioni era previsto dal 22 marzo al 3 aprile 2020.

Con decreto legge 25 marzo 2020 n.19 (G.U. n.79 del 25.3.20) è stata prevista la possibilità di reiterare più volte per periodi predeterminati e comunque non superiori a trenta giorni, fino al 31 luglio 2020 le misure di contenimento su territori limitati o su tutto il territorio nazionale al fine di "..contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus COVID 19..con possibilità di modularne l'applicazione in aumento o diminuzione secondo l'andamento epidemiologico del predetto virus".

Il decreto legge prevede che possano essere adottate "secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso una o più tra le seguenti misure..".

Il decreto legge 25 marzo 2020 n.19 conferma che l'attuazione delle misure avvenga con Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della Salute ed è espressamente prevista la possibilità per le Regioni, in relazione a "..specifiche situazioni di rischio sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatosi nel loro territorio o in parte di esso.." di adottare misure ulteriormente restrittive nell'ambito delle attività di loro competenza.

Il decreto abroga il precedente decreto legge 23 febbraio 2020 n.6 (convertito con modificazioni con la legge 5 marzo 2020 n.13.

Infine, il DCPM 1° aprile 2020 (G.U.n.88 del 2.4.20) ha prorogato l'efficacia delle misure fino al 13 aprile 2020. Termine che con ogni probabilità sarà ulteriormente prorogato

Non pare facile destreggiarsi all'interno delle varie misure progressivamente adottate, specie considerando la loro rapida successione cronologica e la serie di rinvii e abrogazioni in esse contenute.

Misure restrittive e Costituzione

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I provvedimenti legislativi sopra richiamati hanno generato commenti tra i costituzionalisti e più in generale tra i giuristi, ingenerando il dubbio relativo alla compatibilità di tali misure ai diritti sanciti dalla nostra Carta Costituzionale. Si pensi alla libertà di movimento, di riunione, alla libertà di autonomia privata, al diritto per l'individuo di realizzarsi e socializzare.

E' certamente difficoltoso percepire il sottile confine esistente tra la tutela dei diritti fondamentali della persona e lo "stato di necessità, urgenza o di tutela del superiore interesse collettivo" che possa giustificare la compressione di tali diritti.

La Costituzione prevede una serie di norme garantiste dei diritti fondamentali che parrebbero violati dalle misure di contenimento sopra menzionate.

L'articolo 2 sancisce "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità e richiede l'adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale". La Repubblica ha lo scopo di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica sociale ed economica del Paese (Art.3 Cost) e l'articolo 4 garantisce il diritto al lavoro prevedendo il compito della Repubblica di promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Vi sono quindi ragioni o interessi superiori che consentono la limitazione di alcuni tra i diritti fondamentali dei cittadini?

L'articolo 13 dichiara la libertà personale inviolabile e non ammette alcuna forma di restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

L'articolo 16 prevede che ogni cittadino possa circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale. ma sono fatte salve le limitazioni previste per motivi di sanità o sicurezza. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.

L'articolo 17 prevede il diritto dei cittadini di riunirsi pacificamente e senza armi. Le riunioni in luogo pubblico possono essere vietate per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica.

L'articolo 32 della Carta Costituzionale prevede che la Repubblica deve tutelare la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività.

L'articolo 41 prevede la libertà di iniziativa economica privata purchè non si svolga in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, libertà o dignità umana. La legge determina i programmi e controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali.

La Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e Libertà Fondamentali (CEDU)

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La stessa Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e Libertà Fondamentali (CEDU) elenca diritti inviolabili e prevede deroghe e possibilità di "contenimento".

L'articolo 5 CEDU garantisce il diritto di ogni individuo alla libertà ed alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà.

L'articolo 11 CEDU prevede la libertà di riunione e di associazione che non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite per legge e che rappresentano misure necessarie in una società democratica per la sicurezza nazionale per la pubblica sicurezza o per la protezione della salute. Il presente articolo non osta a che restrizioni legittime siano imposte all'esercizio di tali diritti da parte dei membri delle forze armate della polizia o dell'amministrazione dello Stato.

L'art 15 CEDU prevede espressamente la possibilità di deroga ai diritti contenuti nella Convenzione per motivi di urgenza in caso di guerra o altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione. In tal caso è possibile adottare misure in deroga nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in contraddizione con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale.

Il tema travalica i confini dello Stato e pare irrisolto.

Per quanto concerne il nostro Paese, seppur la Carta Costituzionale, in conformità ai principi internazionali, preveda la possibilità di "limitare" i diritti fondamentali e se, probabilmente, ricorrono le circostanze di carattere eccezionale e le esigenze di salute e sicurezza pubblica che parebbero giustificare il contenimento, resta da chiedersi se la scelta delle fonti normative finalizzate a "comprimere" diritti di tale portata sia idonea e adatta allo scopo.

Altro tema è la previsione del termine del contenimento perché, seppure tra il diritto inviolabile ed esigenza collettiva di salute pubblica si può dire che sia prevalsa l'esigenza collettiva che ha giustificato l'adozione di tali misure, il procrastinarle per un periodo di tempo troppo prolungato potrebbe far sorgere ulteriori dubbi di legittimità costituzionale.

Avv. Mara Scarsi

www.dplmediazione.it


Foto: 123rf.com
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