L'emergenza sanitaria del virus Covid-19 ha i suoi risvolti anche giurisprudenziali, oltre ad aver attirato le attenzioni del legislatore e dell'autorità giudiziaria.
Cura Italia e detenzione domiciliare
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Il decreto legge del 17/03/2020 n°18, rinominato "Cura Italia", al fine di alleggerire la pressione nelle strutture carcerarie, dove la popolazione dei detenuti convive con quella degli agenti penitenziari, ha previsto, attraverso l'art. 123, che i condannati che stanno espiando la pena della reclusione inframuraria, possono beneficiare, ai sensi della l. n. 199/2010 (cd. svuotacarceri), della detenzione domiciliare per i gli ultimi e rimanenti 18 mesi di pena da scontare, salve le solite eccezioni per alcune categorie di reati o di condannati, in particolari coloro i quali stanno scontando il loro debito con la giustizia per i reati previsti dall'art. 4-bis di cui all'ordinamento penitenziario.Per quanto riguarda coloro i quali sono in attesa di giudizio o in custodia cautelare, il legislatore nulla aggiunge al decreto "Cura Italia", perché il dettato normativo del codice di procedura penale è già sufficiente, lasciando al giudice il pieno potere di sostituzione o revoca, nei casi e nei modi stabiliti dalla legge ed in presenza di circostanze nuove o sopravvenute come quelle dell'epidemia da coronavirus.
La nota del pg della Cassazione
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Proprio in tale direzione sovviene la nota del 01/04/2020, a firma del Procuratore Generale della Corte di Cassazione, la quale costituisce uno stimolo, se non una "interpretazione autentica" dell'architrave legislativo del sistema normativo sulle misure cautelari, di cui al libro IV del codice di procedura penale: finalizzata alla riduzione della presenza carceraria, considerando anche lo stato di fatto delle condizioni carcerarie sia per la polizia penitenziaria sia per i detenuti, che purtroppo già ha fatto registrare casi di contagi tra gli operatori e gli ospiti delle stesse strutture.Pertanto, l'Autorevole nota del Procuratore Generale della Corte di Cassazione, mette in risalto che, oggi il rischio epidemico concreto e attuale, non lascia il tempo per sviluppare accertamenti personalizzati, sicché
allo scopo di contribuire alla miglior prevenzione del rischio di contagio da coronavirus durante la fase emergenziale, la quale costituisce un elemento valutativo nell'applicazione di tutti gli istituti normativi vigenti e ne rappresenta un presupposto interpretativo necessario, di carattere eccezionale, che comporta il ricorso a parametri valutativi ugualmente eccezionali in sede di applicazione e/o sostituzione delle misure cautelari, va privilegiata la scelta della misura cautelare degli arresti domiciliari, se possibile anche attraverso l'utilizzo del braccialetto elettronico.
La decisione del Gip di Pavia
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Secondo tale ottica valutativa, sono cominciati a registrarsi i primi provvedimenti di declinazione di tali assiomi, con debite valutazioni caso per caso, che hanno portato alla sostituzione delle misure cautelari inframurarie, con quella degli arresti domiciliari: è il caso del Giudice della indagini preliminari presso il Tribunale di Pavia, il quale, in data 07/04/2020, su istanza della difesa (rappresentata da chi scrive), per un indagato per il reato di rapina a mano armata, ha arricchito il compendio di motivazioni appena espresse, con un altrettanto autorevole inciso, che di seguito viene integralmente riportato:
"L'attuale stato emergenziale causato dalla diffusione del virus Covid-19 impone all'autorità giudiziaria la rivalutazione delle esigenze cautelari soprattutto sotto il profilo della proporzionalità della misura in atto, giudizio che non può mai essere automatico ma che va calato sempre nello specifico caso concreto sia in relazione ai presupposti oggettivi di applicazione della misura sia in relazione alle condizioni di salute del soggetto" (G.I.P. Pavia, 07/04/2020).
Anche lo stato di salute del detenuto, o le pregresse patologie in atto, possono determinare quel mutamento di esecuzione della cautela, presso un ambiente presumibilmente più sicuro.
All'uopo si ricordi che le carceri italiane, benché la giustizia europea continui a sanzionare l'Italia, soffrono di carenze strutturali importanti, le cui condizioni sono spesso inconciliabili con il diritto Costituzionale di tutela della salute.
Avv. Lorenzo Sozio del Foro di Napoli
Studio Legale Sozio (Napoli-Varese-Novara)