La Corte conferma la condanna penale per il padre licenziato che non ha mantenuto i suoi figli neppure quando lavorava regolarmente

di Annamaria Villafrate - La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11627/2020 (sotto allegata) conferma la decisione del giudice di merito di secondo grado perché dalle prove raccolte è emerso che il padre è venuto meno ai suoi obblighi genitoriali, non versando l'assegno di mantenimento mensile per i propri figli, neppure nei periodi anteriori al licenziamento, quando l'uomo ha svolto regolare attività lavorativa. Impensabile infatti e non provato che lo stesso, in quel periodo non abbia messo da parte dei risparmi con cui avrebbe potuto fare fronte ai propri obblighi genitoriali.

Reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare

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La Corte d'Appello conferma la decisione del giudice di primo grado che ha condannato l'imputato alla pena di 20 giorni di reclusione e a 200 euro di multa, per il concorso formale nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all'art. 570 c.p. in quanto con più azioni, facenti parte di un unico disegno criminoso, lo stesso ha fatto mancare ai suoi figli minori i necessari mezzi di sussistenza, omettendo di versare l'assegno mensile di 350 euro.

Ricorso in Cassazione: no elemento soggettivo reato

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Il difensore dell'imputato ricorre in sede di legittimità chiedendo l'annullamento della sentenza per i seguenti due motivi. Per motivazione assente, contraddittoria e illogica perché la Corte d'Appello si è limitata ad affermare la responsabilità penale dell'imputato solo attraverso il richiamo di massime giurisprudenziali, omettendo di procedere a una valutazione critica degli atti del processo da cui ricavare, soprattutto, l'elemento psicologico richiesto per integrare il reato.

Per violazione di legge e vizio di motivazione relativamente alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena così come contemplata dall'art. 164 c.p.

Condannato il padre che non mantiene i figli quando lavora regolarmente

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La Cassazione con la sentenza n. 11627/2020 annulla la decisione impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena.

Per quanto riguarda il primo motivo del ricorso, con cui l'imputato lamenta l'affermazione della propria responsabilità in base a meri precedenti giurisprudenziali, la Corte esprime parere contrario. I suoi inadempimenti relativi agli obblighi di mantenimento infatti sono stati provati dalle dichiarazioni della sua ex convivente e del padre di lei. Dall'istruttoria dibattimentale inoltre è emerso che lo stesso non è riuscito a dimostrare una impossibilità ad adempiere tali obblighi a causa delle difficoltà economiche derivanti dal licenziamento. Risulta inoltre che l'uomo non ha adempiuto neppure in parte, anche nei periodi anteriori al licenziamento in cui ha lavorato, non potendosi escludere che lo stesso abbia risparmiato le somme che sarebbero state necessaria ad adempiere, seppur parzialmente, i suoi obblighi di mantenimento. Trattasi però di rilievi, quelli esposti nel ricorso, finalizzati a sollecitare una nuova pronuncia di merito, non consentita in sede di legittimità.

Diversa la conclusione a cui pervengono gli Ermellini relativamente al secondo motivo di doglianza. Vero che la Corte di merito non ha risposto alla richiesta di sospensione condizionale della pena. Richiesta tra l'altro, non priva di fondamento, visto che tale beneficio gli è stato concesso diversi anni prima dalla Corte militare d'Appello e che, in base a quanto previsto dall'ultimo comma dell'art. 164 c.p., è possibile concederla una seconda volta.

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