Effetti applicativi del principio di equivalenza delle cause
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In conseguenza di questo principio, accade che anche in materia di infortuni sul lavoro e delle malattie professionali si applica la regola contenuta nell'art. 41 c.p. che, testualmente, recita: il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità tra l'azione od l'omissione e l'evento. Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità, quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione o l'omissione precedente commessa costituisce per se un reato, si applica la pena per questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.
La decisione della Cassazione
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Il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, per il quale va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in modo indiretto o remoto, alla produzione dell'evento.
Il tutto salvo il temperamento stabilito dalla predetta norma, in forza del quale il nesso è interrotto dalla sopravvenienza di un fattore che sia da solo sufficiente a produrre l'evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni.
Per tornare alla causa trattata in Cassazione e qui presa come spunto, tale ultima circostanza è stata esclusa (prima dalla Corte di Appello) in quanto il tabagismo, considerato concausa dell'evento, non ne era la causa esclusiva.
La trama di quel ricorso mirava a limitare, a fini risarcitori, la responsabilità del datore di lavoro, assumendo in sintesi che doveva essere assegnata una giusta e corretta rilevanza al contributo causale che ciascuna singola e distinta causa aveva in realtà fornito alla causazione dell'evento: nello specifico, a detta dell'azienda ricorrente l'abitudine al tabagismo avrebbe dovuto ridurre del 50% il risarcimento già accordato agli eredi della vittima.
Motivo, però, ritenuto infondato dalla Cassazione.
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