di Lucia Izzo - In ordine all'attuazione della pretesa tributaria manifestatasi con un atto esecutivo (es. pignoramento verso terzi) alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione circa ogni questione con cui si reagisce all'atto esecutivo in relazione a fatti incidenti sulla pretesa tributaria verificatisi fino alla notificazione della cartella esattoriale, dell'intimazione di pagamento o al momento dell'atto esecutivo.
Al giudice ordinario, invece, spetta la cognizione delle questioni inerenti la forma e la legittimità formale dell'atto esecutivo, indipendentemente dalla valida notifica, nonché la decisione su atti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in executivis e successivi alla valida notifica.
Sono i principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 7822/2020 (sotto allegata) si è pronunciata su un ricorso per conflitto di giurisdizione ex art. 59 L. n. 69 del 2009 proposto da una Commissione Tributaria Provinciale.
- Il conflitto di giurisdizione
- Atto esecutivo e giurisdizione tributaria
- Atto esecutivo e giurisdizione ordinaria
- Giudice tributario: atti impugnabili e oggetto del ricorso
Il conflitto di giurisdizione
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Tale conflitto di giurisdizione origina dal ricorso di una s.r.l. proposto contro l'Agenzia delle Entrate-Riscossione che aveva notificato al contribuente un pignoramento presso terzi per somme, asseritamente scadute e non pagate, iscritte a ruolo a titolo di imposte regionali sulle concessioni statali di beni demaniali e a titolo di canoni demaniali.
La società, in prima battuta, impugnava il pignoramento dinanzi al Tribunale in funzione di Giudice dell'esecuzione sostenendo, tra l'altro, l'inesistenza del soggetto indicato come terzo pignorato (Equitalia s.p.a.) e l'illegittimità del pignoramento in quanto nullo per il venir meno dei titoli presupposti nelle due cartelle esattoriali.
Il Giudice dell'Esecuzione, tuttavia, declinava la propria giurisdizione in favore del Giudice Tributario, sul presupposto che la ricorrente avesse lamentato la nullità della notifica delle cartelle di pagamento. Per la Commissione Tributaria successivamente adita, invece, la cognizione della controversia doveva essere riservata alla giurisdizione del Giudice ordinario. Da qui la remissione degli atti alle Sezioni Unite.
Richiamati diversi precedenti susseguitisi in materia, gli Ermellini precisano il discrimine fra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria in ordine all'attuazione della pretesa tributaria che si sia manifestata con un atto esecutivo, in virtù del combinato disposto dell'art. 2 del d.lgs. n. 546/1992 e degli artt. 49 e ss. del d.P.R. n. 602/1973 (in particolare dell'art. 57 come emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 114/2018.
Atto esecutivo e giurisdizione tributaria
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Alla giurisdizione tributaria, si legge in sentenza, spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce all'atto esecutivo, adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati e, dunque, rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell'intimazione di pagamento (se validamente avvenute) o fino al momento dell'atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, avvenuta in modo inesistente o avvenuta in modo nullo.
Ciò avviene sia qualora trattasi di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, sia per fatti inerenti l'esistenza e il modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi o impeditivi di essa. In questo secondo caso, se viene dedotta una situazione di nullità, mancanza, inesistenza di detta notifica, essa non si assume rilevante ai fini della verificazione del fatto dedotto.
Atto esecutivo e giurisdizione ordinaria
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Alla giurisdizione ordinaria, invece, spetta la cognizione delle questioni inerenti alla forma e dunque alla legittimità formale dell'atto esecutivo come tale, sia se esso fosse conseguito a una valida notifica della cartella o dell'intimazione, non contestate come tali, sia se fosse conseguito in situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti (non deducendosi come vizio dell'atto esecutivo tale situazione).
Sempre il giudice ordinario si occupa di decidere su fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in executivis e successivi al momento della valida notifica della cartella o dell'intimazione, o successivi (nell'ipotesi di nullità, mancanza o inesistenza della detta notifica) all'atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell'intimazione (e dunque avesse legittimato ad impugnarli davanti alla giurisdizione tributaria).
Giudice tributario: atti impugnabili e oggetto del ricorso
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Ancora, precisano le Sezioni Unite, la tutela davanti alla giurisdizione tributaria è tutela sempre iscrivibile nel modello di cui all'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, trattandosi del del normale giudizio impugnatorio regolato da tale d.lgs., dovendosi in generale considerare che la tutela davanti al giudice tributario può essere introdotta, ricorrendone le condizioni (la cui verifica appartiene alla giurisdizione del giudice tributario), ai sensi del comma 3 di detta norma.
Quando la tutela concerne un atto esecutivo che si assume viziato per la mancanza o l'invalidità (sia per nullità sia per inesistenza) della notificazione della cartella o dell'intimazione oppure per vizi formali inerenti al loro profilo di contenuto forma, l'azione davanti al giudice tributario non è un'opposizione agli esecutivi secondo il modello di cui all'art. 617 c.p.c., ma un giudizio ai sensi dell'art. 19, comma 3, del citato d.lgs., del quale si può dire solo che ha una funzione simile a quella del rimedio dell'art. 617.
Analogamente, quando la tutela concerne i fatti inerenti alla pretesa tributaria sostanziale, il profilo del giudizio tributario non assume il carattere di opposizione ai sensi dell'art. 615, ma mantiene quello desumibile dal paradigma dell'art. 19 citato.
Il riparto così delineato, conclude la Corte, deve necessariamente operare anche quando l'esattore proceda all'esecuzione sulla base di pretese di riscossione sia tributarie sia non tributarie. La circostanza che in tal modo per esse possano aversi giudizi dinanzi a giurisdizioni distinte, a differenza che per le seconde, è meramente consequenziale all'esistenza di un riparto solo per le prime.
Scaeica pdf Cassazione Sezioni Unite sent. 7822/2020• Foto: 123rf.com