La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. n. 237272006) ha stabilito che "il carattere ontologicamente disciplinare del licenziamento, mentre implica la necessità dello preventiva contestazione degli addebiti (ancorché non espressamente previsti dalla contrattazione collettiva o dalla disciplina predisposta dal datore di lavoro) e della possibilità di difesa del lavoratore, non comporta invece che il potere di recesso del datore di lavoro per giusta causa o giustificato motivo (già previsto dagli articolo 1 e 3 della legge 604/66) debba essere esercitato in ogni caso previa inclusione dei fatti contestati in un codice disciplinare ed affissione del medesima". Difatti, secondo la Corte "tali ultimi adempimenti non sono, infatti, necessari in relazione a quei fatti il cui divieto (sia o no penalmente sanzionato) risiede nella coscienza sociale quale minimo etico e non già nelle disposizioni collettive o nelle determinazioni dell'imprenditore".
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