di Marino Maglietta - E' stata lungamente dibattuta e variamente interpretata la questione dei contatti tra i figli e il genitore che la prassi ha creato e designa come "non collocatario" nel regime emergenziale attuale, che limita gli spostamenti. All'interno di questa problematica è stato orientamento pressoché costante quello di escludere, comunque, contatti che comportassero un cambiamento di regione. Non così ha valutato il tribunale di Pescara il quale, con decisione del 22 aprile 2020 (sotto allegata), ha autorizzato un padre, che non vedeva il figlio dal 24 febbraio a causa delle restrizioni di natura sanitaria, a tenerlo con sé per una settimana, dal 25 aprile al 1 maggio incluso, e così via per una settimana al mese fino al termine dell'emergenza. L'aspetto più interessante della decisione è che essa comporta che il padre possa tenere e portare con sé a Roma il figlio nonché, alla scadenza della settimana, riportarlo in Abruzzo presso la madre, con implicita autorizzazione a spostamenti da una regione all'altra.
Non meno interessante è la motivazione che accompagna il provvedimento. Il collegio giudicante è ben consapevole della serie di decreti del governo sulla materia e dei relativi interventi esplicativi, che richiama; ma ciò non gli impedisce di svolgere ulteriori considerazioni che lo portano alla conclusione permissiva. Si legge infatti: "ritenuto che le previsioni di cui all'Art. 1, comma 1, lettera a), del DPCM 8 marzo 2020 n. 11 non sono preclusive dell'attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori, laddove consentano gli spostamenti finalizzati ai rientri presso la "residenza o il domicilio", sicché alcuna "chiusura" di ambiti regionali può giustificare violazioni, in questo senso, di provvedimenti di separazione o divorzio vigenti…". Una motivazione di notevole intelligenza e "densità", in quanto in una sola frase utilizza più aspetti delle autorizzazioni ministeriali e le salda a una concezione corretta dell'affidamento condiviso. In altre parole, nel momento in cui fa riferimento al permesso di rientrare presso la propria residenza o il domicilio
e lo sfrutta per legittimare la possibilità di portare il figlio presso di sé, non fa altro che riconoscere che in regime di affidamento condiviso il figlio non ha una sola abitazione, quella del genitore che si vuol chiamare "collocatario", bensì due, quelle di entrambi i genitori. Una conclusione che purtroppo gran parte del nostro sistema legale ancora non riesce ad accettare e fare sua. E si fa anche notare il malizioso, polemico, uso dell'espressione "violazioni di provvedimenti", utilizzata in riferimento a comportamenti, scelte e interpretazioni, qua e là in precedenza adottate, che consentano di allontanarsi dalle prescrizioni stabilite. Una sorta di violazione dell'art. 388 c.p. applicata agli stessi responsabili della gestione del diritto di famiglia.Né occorre dare troppo peso all'affermazione a latere che essendo il figlio in tenera età (due anni circa) non può essere preso in considerazione il contatto a distanza, tramite mezzi audiovisivi, utilizzato da altri provvedimenti. Il riferimento appare, infatti, come la mera espressione di uno scrupolo, come la giustificazione anticipata per non avere valutato possibilità che tutto il contesto e il ragionamento sviluppato inducono a ritenere comunque insufficienti, e quindi da scartare: "considerato che la prolungata sospensione di tali rapporti può compromettere la legittima aspirazione del minore di mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori e che, anche per le tenera età del minore… La relazione non può essere neppure mantenuta, in maniera virtuale, con l'utilizzo di supporti tecnologici". Dove l'avverbio "neppure" e la sottolineatura della virtualità del rapporto telematico esprimono con chiarezza il dissenso della giudice relatrice da soluzioni di tal genere, adottate altrove. Così come il rapporto viene correttamente caratterizzato dall'aggettivo "stabile", ben più ricco e pesante dell'attributo "significativo" che altri gli hanno di recente infedelmente assegnato.
Naturalmente, concludendo, nell'attuale situazione di profondo disorientamento e grande confusione non solo nell'emissione dei decreti ministeriali, ma anche nella successiva interpretazione, il provvedimento di Pescara è da salutare con soddisfazione e gratitudine, facendo chiarezza in una materia delicata e fin qui controversa. In particolare, si fa apprezzare l'implicita considerazione di rischio salute di natura psicologica che integra correttamente, in una visione più ampia e completa - ovviamente a valle dell'assunzione di ogni indispensabile precauzione - la valutazione del puro e semplice rischio fisico.
Considerata l'alta frequenza di situazioni di questo tipo, che hanno creato imbarazzo in una quantità di famiglie italiane, nonché perplessità negli operatori del diritto da esse consultati, il giudizio pescarese giunge felicemente a dare risposta a problematiche di estrema attualità.
Scarica pdf Trib. Pescara 22.4.2020
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