di Annamaria Villafrate - L'ordinanza n. 8263/2020 (sotto allegata) della Cassazione ribadisce un importante principio, già affermato dalla Corte Costituzionale, a cui devono attenersi i giudici nel momento in cui sono chiamati a determinare le quote relative alla pensione di reversibilità spettanti al primo e al secondo coniuge del de cuius. In questi casi, ribadiscono gli Ermellini, la durata dei rispettivi matrimoni non può costituire l'unico criterio guida per decidere. Costui deve infatti tenere conto anche del periodo di convivenza prematrimoniale, dell'entità dell'assegno divorzile riconosciuto al primo coniuge e delle condizioni economiche delle due donne.
- Assegno di reversibilità e quota al coniuge superstite e divorziato
- Il ricorso in Cassazione del coniuge superstite
- Quota di reversibilità al coniuge superstite: incide la convivenza prematrimoniale
Assegno di reversibilità e quota al coniuge superstite e divorziato
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L'ex coniuge di un medico conviene in giudizio la seconda moglie e l'ente che eroga la pensione di reversibilità, chiedendo l'assegnazione del 70% della misura, con condanna alla corresponsione dell'ente di quanto maturato dal primo gennaio 2000, visto che il matrimonio è stato contratto nel 1971 e che la donna percepiva un assegno divorzile di due milioni di lire.
A questa richiesta si oppone la seconda moglie, rilevando la tardività della domanda avanzata nei confronti della fondazione, la prescrizione quinquennale dei ratei maturati prima del quinquennio dall'istanza e facendo presente di come, ai fini della determinazione della quota della pensione di reversibilità, si debba tenere conto anche delle condizioni dei soggetti coinvolti, del tenore di vita garantiti dal de cuius al coniuge superstite e della durata del periodo di convivenza prematrimoniale rispetto al secondo matrimonio, compresa tra il 1984 e il 1991. Il tribunale attribuisce al coniuge divorziato il 35% della misura riconosciuta alla seconda moglie.
La Corte d'Appello, riformando la sentenza di primo grado, riconosce invece alla coniuge divorziata una quota di 2/3 della reversibilità, poiché se il matrimonio precedente non è ancora cessato, non rileva la convivenza more uxorio che ha preceduto le seconde nozze.
Il ricorso in Cassazione del coniuge superstite
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Ricorre in Cassazione la moglie superstite lamentando la mancata applicazione da parte della Corte d'Appello dei criteri sanciti in materia dalla Corte di legittimità la quale ha "fissato il principio secondo il quale occorre ponderare, oltre alla durata dei matrimoni, anche altri elementi correlati alla finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, da individuare nell'ambito dell'art. 5 n. 898/1970, in relazione alle condizioni economiche dei soggetti interessati ed alla durata delle rispettive convivenze prematrimoniali."
Quota di reversibilità al coniuge superstite: incide la convivenza prematrimoniale
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La Cassazione accoglie il ricorso della seconda moglie. La Corte Costituzionale ha infatti avuto modo di chiarire che "la ripartizione della pensione di reversibilità tra il coniuge superstite e l'ex coniuge deve essere disposta tenendo conto della durata dei rispettivi rapporti matrimoniali", valutazione da ponderare con "ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, da individuare facendo riferimento all'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge ed alle condizioni economiche dei due, nonché alla durata delle rispettive convivenze prematrimoniali. Non tutti tali elementi, peraltro, devono necessariamente concorrere né essere valutati in egual misura, rientrando nell'ambito del prudente apprezzamento del giudice di merito la determinazione della loro rilevanza in concreto."
Nel caso di specie il giudice dell'impugnazione ha invece dato rilievo esclusivo alla durata del matrimonio, (compreso il periodo di separazione del primo) rispetto alla convivenza more uxorio che ha preceduto le seconde nozze, ignorando i criteri indicati dalla Corte Costituzionale e quanto emerso nel corso del giudizio, ossia le concrete condizioni delle parti e la durata effettiva di detta convivenza prematrimoniale.
Il giudice ha impostato la sua decisione, senza considerare che la convivenza more uxorio che ha preceduto il secondo matrimonio coincide in sostanza con il periodo della separazione "in quanto indice sintomatico della funzione di sostegno economico assolta dal dante causa nel corso della propria vita mediante la condivisione dei propri beni con la persona poi divenuta coniuge."
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Scarica pdf ordinanza Cassazione n. 8263/2020• Foto: 123rf.com