Pleonastico sottolineare che il riferimento al mai troppo rimpianto Maestro Prof. Giovanni Leone, insuperata figura di giuspenalista partenopeo, ed al Prof. Francesco Carrara mi ha realmente toccato il cuore.
Ringrazio sentitamente Francesco, founding partner dello Studio MEPLAW - international law firm con sede prevalente a Roma -, per l'ambita preferenza accordata a questa rubrica denominata LIA Law In Action, orgogliosa di fregiarsi di un contributo come il suo.
Buona lettura!
Il processo senza processo: virtualità e zetetica
«La salvezza della libertà del cittadino è nel processo penale»
Alexis Henri Charles de Clérel de Tocqueville
Il 29 aprile 2020 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale (n. 110) la Legge 24 aprile 2020, n. 27 di conversione del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18.
All'originario comma 12 dell'art. 83, norma che regolamenta l'attività giudiziaria nel settore penale durante il periodo dell'emergenza epidemiologica, in sede di conversione sono stati inseriti i commi 12 bis, 12 ter, 12 quater e 12 quinquies.
Tali disposizioni disciplinano il processo a distanza, improvvidamente ed erroneamente definito dal legislatore «da remoto» atteso che nella terminologia tecnico-informatica tale non è, poiché verrà attuato attraverso le piattaforme Microsoft Teams e Skype.
Passano ventiquattro ore e viene pubblicato in Gazzetta il Decreto legge 30 aprile 2020, n. 28 che modifica le previgenti disposizioni stabilendo che per il processo penale a distanza è necessario il consenso tra le parti.
Difatti, l'art. 3 lettera d) del nuovo Decreto prevede che: "al comma 12 -bis è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Fermo quanto previsto dal comma 12, le disposizioni di cui al presente comma non si applicano, salvo che le parti vi acconsentano, alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti.».
La finalità raggiunta è indubbiamente quella che tutti i giuristi, accademici e persino numerosi magistrati auspicavano: relegare nel dimenticatoio il processo penale virtuale che avrebbe depauperato l'ontologia del suo rito per i motivi che andrò brevemente ad illustrare.
Giovanni Leone, insigne giuspenalista campano, ricordava sovente che il diritto processuale penale, ancor più di quello sostanziale, è sensibile alle idee politiche, ed è il campo più aperto ad insane infiltrazioni e subdole erosioni dei principi che lo sorreggono.
A tutto questo si deve aggiungere la sempre più incidente schizofrenia legislativa che disorienta tutti noi interpreti e che genera inevitabilmente un fenomeno negativo definito «ipertrofia normativa», una sovrapproduzione incontrollata di leggi, decreti legge, decreti legislativi i quali, se nell'intento del legislatore erano ideati per migliorare il tessuto normativo vigente, generano al contrario ambiguità e contraddizioni in sede ermeneutica e successivamente operativa. Il paradosso è rappresentato poi dalla circostanza che una nuova legge appena varata diventa già superata da una normativa entrata in vigore il giorno seguente (proprio come nel caso di specie).
Invece, con riguardo al processo penale a distanza, il timore di molti studiosi della materia era rappresentato dalla circostanza che le nuove regole stilate, con effetto temporalmente limitato, per l'emergenza sanitaria in atto, potessero essere successivamente cristallizzate nel codice di rito in favore di un nuovo processo penale tecnologico a scapito dell'oralità e di un giusto contraddittorio fra le parti.
La presenza di un'autentica posizione dialettica è congeniale alla finalità ed alla struttura del rito poiché costituisce il nucleo fondamentale proprio del principio del contraddittorio: difatti, l'oralità è necessaria ad instaurare il libero contrasto tra le parti, un duello franco (nella più classica accezione del lemma) nel quale il giudice dovrebbe essere il moderatore.
Al contrario, l'odierno legislatore, affetto da un'atavica miopia e da una evidente carenza nella tecnica di redazione delle norme, dimentica che il processo non consiste nel regolare i rapporti tra le singole persone per delimitarne le singole sfere di efficacia, ma nel ripristino della comunità sociale:l'imputato non è più solamente soggetto ed oggetto del processo, ma un membro della comunità in attesa di un giudizio certo ed il più possibile immediato. In tale ottica va sempre ricordato che la libertà è un diritto originario dell'uomo connesso con la sua stessa personalità, non elargito dallo Stato, ma che lo Stato deve rispettare, mentre i suoi confini devono essere circoscritti nell'alveo della stretta correlazione con la libertà degli altri individui. Pertanto, fino a quando non sia stato sancito il sacrificio di tale diritto a seguito della sentenza del giudicante, esso vive e palpita nel processo penale rivendicando la sua posizione preminente.
Concludo con un ammonimento del sommo criminalista Francesco Carrara: "Cosa sia avvenuto oggi di tutte queste guarentigie lo dica chi imparzialmente legge il nostro codice di procedura penale; lo dica chi vive alla pratica forense e sudando alla difesa dei rei può bearsi del buon viso che ricevono oggi dagli inquisitori; lo dicano tutti coloro che hanno sperimentato lo effetto della onnipotenza del P.M.".
Queste parole scolpite nei suoi "Opuscoli di diritto criminale" del 1874, vibrano ancora con forza nelle coscienze di tutti i custodi del garantismo.
Autore: Avv. Prof. Francesco Mazza
Professore a contratto di Diritto penale presso l'Università degli Studi di Cassino
MEPLAW firm
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