di Lucia Izzo - Via libera alla collocazione del figlio e del padre in una comunità educativa se appare la migliore soluzione per assicurare il recupero del rapporto tra il genitore e il minore, incrinato dall'atteggiamento di rifiuto manifestato dalla madre.
Non può, infatti, trascurarsi l'esigenza di assicurare una comune presenza dei genitori nell'esistenza del figlio, idonea a garantire al piccolo una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, e a consentire agli stessi di adempiere il comune dovere di cooperare nell'assistenza, educazione ed istruzione.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nell'ordinanza n. 9143/2020 (sotto allegata) confermando il collocamento del minore e del padre presso una comunità rieducativa.
- Recupero della genitorialità
- Rispetto del principio della bigenitorialità
- Recupero del rapporto padre-figlio
Recupero della genitorialità
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In particolare, la Corte d'Appello aveva preso atto delle difficoltà per il minore di accettare la separazione tra i genitori e per questo riteneva necessario operare uno specifico intervento con il coinvolgimento di un neuropsichiatra infantile, nonché di avviare anche un percorso di psicoterapia individuale.
Le relazioni successivamnete trasmesse dai Consultori familiari e dallo psichiatra confermavano il rifiuto del minore di interagire con il padre e la presenza di un condizionamento da parte di figure parentali in primo luogo la madre che si era opposta a ogni progetto di mediazione e recupero della genitorialità a causa di sentimenti personali di rifiuto nei confronti dell'ex.
Per questo la Corte riteneva che la scelta del regime residnziale del minore col padre avrebbe costituito l'unico strumento utilizzabile per ristabilire i rapporti tra il genitore e il figlio, trovando giustificazione nella mancata modificazione dell'atteggiamento della donna.
Una decisione confermata anche dalla Corte di Cassazione, nonostante la madre sostenga che, nel disporre l'ingresso del minore in comunità, con la conseguente alterazione delle sue abitudini di vita, la Corte territoriale abbia omesso di valutare se tale soluzione risultasse meno traumatica della continuità affettiva nella dimora materna.
Rispetto del principio della bigenitorialità
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In tema di provvedimenti riguardanti i figli, il Collegio ritiene di confermare e ribadire il ruolo fondamentale dell'interesse del minore, quale criterio esclusivo di orientamento delle scelte affidate al giudice.
Tanto premesso, più volte la giurisprudenza ha precisato che il giudizio prognostico da compiere in ordine alla capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione non può in ogni caso prescindere dal rispetto del principio della bigenitorialità.
In pratica, pur dovendosi tener conto del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità a un assiduo rapporto, nonché della loro personalità, delle consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che ciascuno di essi è in grado di offrire al minore, la Cassazione ritiene non possa trascurarsi l'esigenza di assicurare una comune presenza dei genitori nell'esistenza del figlio, in quanto idonea a garantire a quest'ultimo una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, e a consentire agli stessi di adempiere il comune dovere di cooperare nell'assistenza, educazione ed istruzione del minore (cfr. Cass., n. 9764/2019).
Recupero del rapporto padre-figlio
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A tale criterio, spiega la Corte, si è puntualmente attenuto il decreto impugnato, il quale, esaminate le diverse soluzioni ipotizzabili per il collocamento del minore, ha conferito particolare rilievo all'esigenza di assicurare il recupero del rapporto con il padre, pregiudicato da una lunga interruzione dovuta allo atteggiamento di rifiuto manifestato dalla madre nei confronti dell'ex convivente.
in tale ottica, la Corte territoriale ha valutato il comportamento tenuto da entrambi i genitori nei rapporti con il figlio e la disponibilità manifestata da ciascuno di essi al superamento della conflittualità in atto tra loro, evidenziando gli effetti potenzialmente pregiudizievoli di tale situazione sull'equilibrato sviluppo del minore, e attribuendo quindi la preferenza, tra le varie alternative, al collocamento del piccolo con il padre presso una comunità educativa.
Tale collocamento è stato ritenuto idoneo, da un lato, a evitare il grave condizionamento psicologico determinato dal continuo contatto con la madre e, dall'altro, a consentire il superamento delle problematiche di tipo "personologico" manifestate dal padre, attraverso adeguati interventi psicoterapeutici.
Scarica pdf Cassazione Civile, ordinanza n. 9143/2020• Foto: 123rf.com