La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 18953/2006) ha stabilito che i Comuni possono adottare una più specifica regolamentazione in merito all'emissione dei rumori nel territorio di propria competenza la quale, "nel rispetto dei vincoli derivanti dalla legge 447/95, prenda in considerazione, non già il dato oggettivo del superamento di una certa soglia di rumorosità considerato, per presunzione iuris et de iure, come generativo di un fenomeno di inquinamento acustico, a prescindere dall'accertamento dell'effettiva lesione del complesso di valori indicati nell'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge ma i concreti effetti negativi provocati dall'impiego di determinate sorgenti sonore sulle occupazioni o sul riposo della persone, e quindi sulla tranquillità pubblica o privata". I Giudici del Palazzaccio, in particolare, hanno poi precisato che "se nessun ente pubblico locale può disapplicare le disposizioni della legge statale dianzi ricordato, introducendo, in specie, fuori dei casi espressamente consentiti (v. l'articolo 6, comma 1, lettera h), in relazione allo svolgimento di attività e manifestazioni temporanee) valori limiti di emissione o di immissione dei rumori diversi e comunque inferiori rispetto a quelli risultanti dai decreti emanati a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge statale (cfr. articoli 3 e 4 del Dpcm 14 novembre 1997), ciò non impedisce tuttavia ai comuni di adottare una più specifica regolamentazione dell'emissione e dell'immissione dei rumori nel loro territorio".
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