L'art. 2047 del codice civile esclude la responsabilità dell'incapace e individua nel sorvegliante il soggetto tenuto al risarcimento del danno

La responsabilità ex art. 2047 c.c.

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L'art. 2047 del codice civile si inserisce nella disciplina generale della responsabilità extracontrattuale e, in particolare, regola le conseguenze del compimento di un fatto dannoso da parte di un soggetto incapace di intendere e di volere (incapacità naturale).

In generale, infatti, quest'ultimo non è considerato civilmente imputabile e quindi non è tenuto al risarcimento del danno (vedi sull'art. 2046 c.c., l'Imputabilità civile).

Il legislatore, però, per motivi di equo contemperamento degli interessi, non ha voluto lasciare del tutto privo di tutela giuridica il soggetto danneggiato dall'incapace.

Per questo motivo, l'art. 2047 c.c. prevede la responsabilità del sorvegliante, disponendo che quando il danno sia causato da un soggetto incapace di intendere e di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sua sorveglianza.

Il soggetto tenuto alla sorveglianza

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Innanzitutto, va rilevato che non vi sono opinioni uniformi in merito alla figura del sorvegliante: per parte della dottrina e della giurisprudenza, l'art. 2047 c.c. fa riferimento esclusivamente a quei soggetti cui la legge riferisca uno specifico potere di sorveglianza, come i genitori nei confronti del minore, gli insegnanti (e l'istituto scolastico) nei confronti degli alunni o il personale sanitario (e la struttura ospedaliera) nei confronti dell'incapace ricoverato.

In molti, però, ricomprendono in tale concetto chiunque si trovi nelle condizioni di esercitare un potere di sorveglianza nei confronti di un incapace (si pensi, ad esempio, a una baby-sitter tenuta alla sorveglianza del bambino, in forza dell'accordo raggiunto con i genitori).

La culpa in vigilando

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Come detto, alla base della previsione codicistica c'è il desiderio di non lasciare privo di tutela risarcitoria chi abbia subito un danno causato dall'incapace.

L'individuazione del sorvegliante quale soggetto tenuto al risarcimento del danno (da quantificarsi secondo le normali regole indicate dall'art. 1223 c.c.) induce a ritenere che lo stesso sia ritenuto colpevole per fatto proprio (culpa in vigilando).

Minoritaria, invece, la tesi che vede nell'art. 2047 c.c. un'ipotesi di responsabilità oggettiva (o aggravata da colpa presunta) per fatto altrui.

In ogni caso, va evidenziato che l'articolo in esame consente al soggetto tenuto alla sorveglianza di svincolarsi dall'obbligo di risarcimento del danno, dimostrando che non avrebbe potuto impedire il fatto.

L'indennità dovuta dall'incapace

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Di particolare rilievo, inoltre, il secondo comma dell'art. 2047, in base al quale, ove non possa farsi luogo al risarcimento di cui al primo comma, al danneggiato spetta un'indennità che dev'essere pagata dall'incapace.

Questa norma esula del tutto dallo schema tipico della responsabilità aquiliana, poiché prescinde dal criterio della colpa. Non vi è, infatti, colpa del sorvegliante e non può esservi colpa dell'incapace, in quanto soggetto non imputabile.

La presente ipotesi può verificarsi quando:

  • non sia individuabile un soggetto tenuto alla sorveglianza dell'incapace (ad esempio, quando questi si trovi occasionalmente in stato di incapacità naturale, ad esempio per ubriachezza)
  • il sorvegliante sia ritenuto responsabile, ma il suo patrimonio non sia sufficiente a soddisfare le pretese risarcitorie
  • il sorvegliante abbia dimostrato di non aver potuto impedire il fatto

Quantificazione dell'indennità

Si ritiene che il diritto all'indennità sorga anche quando il diritto al risarcimento sia stato soddisfatto solo parzialmente.

Parte della dottrina, inoltre, ritiene prevalente il dato letterale della norma e reputa, perciò, esistente un potere discrezionale in capo al giudice, rispetto alla concessione o meno di tale indennità.

L'importo della stessa, quando concessa, deve rispondere a criteri di equità, in considerazione delle condizioni economiche delle parti.

Rapporti tra gli artt. 2047 e 2048 c.c.

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Si ricorda, infine, che l'art. 2047 c.c. viene spesso in rilievo, nell'analisi di fattispecie concrete, contestualmente all'art. 2048 c.c., che invece postula la commissione del fatto da parte di un soggetto capace d'intendere e di volere.

Ciò accade perché le due norme, a volte, conducono all'individuazione dello stesso soggetto (ad esempio, un genitore o un insegnante).

L'interprete è in tal caso chiamato a comprendere chi sia il soggetto tenuto al risarcimento e a quale titolo (se per colpa ex art. 2047 o 2048 c.c.).

Interessante appare, a questo proposito, una recente pronuncia della Corte di Cassazione secondo cui "qualora la responsabilità del genitore per il danno cagionato da fatto illecito del figlio minore trovi fondamento nella fattispecie di cui all'art. 2047 cod. civ. e non in quella di cui all'art. 2048 cod. civ., incombe sul genitore del danneggiante la prova dell'affidamento ad altro soggetto della sorveglianza dell'incapace. Detta prova è particolarmente rigorosa, dovendo egli provare di non aver potuto impedire il fatto e quindi dimostrare un fatto impeditivo assoluto" (Cass. civ., ord. n. 13412/17).


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