di Annamaria Villafrate - Il Tribunale di Brescia con la sentenza n. 2841 del 22 ottobre 2019 (sotto allegata) riconosce il risarcimento del danno che deriva dalla perdita dell'animale da compagnia. Il rapporto che insorge tra padrone e animale d'affezione è indubbiamente una relazione tra essere viventi, che rientra tra le "attività realizzatrici della persona" previste e protette dall'art. 2 della Costituzione.
- Danni non patrimoniali per la scomparsa del cane di razza
- La valutazione della perdita dell'animale
- Il rapporto con l'animale è un bene della persona non futile che va risarcito
Danni non patrimoniali per la scomparsa del cane di razza
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Il padrone di una cagna di razza corso affida l'animale a un allevamento canino per farla accoppiare. Il padrone però viene informato della scomparsa del cane, ragion per cui inizia a cercare il proprio animale nella zona circostante all'allevamento, Ricerche a cui rinunciava dopo tre settimane, per l'assenza dei risultati sperati.
Ritenendo di aver subito un grave danno, il padrone chiede alla proprietaria dell'allevamento un risarcimento per i danni subiti.
La proprietaria dell'allevamento si dimostra disponibile a offrire la somma di 2000 euro, ritenute dalla stessa sufficienti a coprire il danno lamentato. Il proprietario dell'animale però decide di trattenere tale importo a titolo di acconto sul maggior importo dovuto, per ottenere il quale ricorre in giudizio.
La valutazione della perdita dell'animale
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L'attore cita quindi in giudizio la titolare dell'allevamento a chiede il ristoro dei danni subiti in seguito alla scomparsa del proprio cane, che quantifica nel seguente modo:
- 4000 euro per il danno patrimoniale, di cui 3000 euro, corrispondenti al valore dell'animale e 1000 euro per l'utilizzo della propria auto nelle ricerche;
- 10.000 euro, da valutarsi anche in via equitativa per i danni non patrimoniali derivanti, poiché dopo la sparizione della sua cagna ha sviluppato un disturbo depressivo che lo ha costretto a rivolgersi a uno specialista.
Importo da cui deve essere dedotto l'acconto di 2000 euro già corrisposto dalla proprietaria dell'allevamento, per una somma complessiva di 12.000 euro. Dal punto di vista istruttorio l'attore chiede un C.T.U per confermare il valore di 4000 euro della cagna alla luce del potenziale utilizzo economico dell'animale in relazione alla vendita dei cuccioli che avrebbe partorito.
Parte convenuta però si oppone e chiede che vengano respinte tutte le domande avanzate dall'attore.
Il rapporto con l'animale è un bene della persona non futile che va risarcito
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Dopo l'istruzione della causa, acquisite le comparse conclusionali il Tribunale di Brescia trattiene la causa in decisione e con la sentenza n. 2841/2020 accoglie in parte le richieste avanzate dall'attore condannando l'allevamento a versare 3 mila euro, oltre ai 2000 euro già versati a titolo di acconto.
Il giudice non ammette che la perdita dell'animale possa dare vita a un danno di tipo patrimoniale, accoglie però la richiesta di ristoro delle spese sostenute per effettuare la ricerca del cane, così come quella relativa al danno da perdita dell'animale di affezione, per il quale riconosce, in via equitativa in 4 mila euro, tenendo conto soprattutto dei due anni che padrone e animale hanno trascorso insieme.
Per il Tribunale, non è assolutamente qualificabile "come futile la perdita dell'animale e, in determinate condizioni, quando il legame affettivo è particolarmente intenso così da far ritenere che la perdita vada a ledere la sfera emotivo-interiore del o dei padroni", il danno merita di essere risarcito. Questo perché "il rapporto tra padrone e animale d'affezione può essere considerato espressione di una relazione che costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale e quindi come vero e proprio bene della persona."
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Scarica pdf Tribunale di Brescia n. 2841-2019• Foto: 123rf.com