di Annamaria Villafrate - Non decide il Tar dell'Emilia Romagna sul ricorso presentato da un Giudice di pace che, dopo anni di incarichi, lamenta l'assenza di tutele previdenziali e assistenziali previste per un lavoro che, anche la giurisprudenza interna continua a definire "onorario". La palla (con l'ordinanza n. 363/2020 sotto allegata) passa alla Corte di Giustizia Ue, che deve decidere se la normativa europea è di ostacolo all'applicazione della disciplina italiana che qualifica i Giudici di pace come magistrati onorari e non li inquadra come dipendenti pubblici, privandoli così delle tutele previdenziali, assistenziali e contrattuali ricollegabili alla proroga dei contratti a tempo determinato.
- Giudice di Pace: costituzione di rapporto di pubblico impiego o risarcimento
- Dipendenti pubblici o giudici a tutti gli effetti?
- La parola alla Corte di Giustizia Europea
Giudice di Pace: costituzione di un rapporto di pubblico impiego o risarcimento
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Un giudice di pace ricorre al Tar dell'Emilia Romagna, per chiedere, previa eventuale rimessione della questione di costituzionalità o di compatibilità con il diritto Ue o precedente disapplicazione diretta delle norme interne incompatibili "la costituzione di un rapporto di pubblico impiego a tempo pieno o part-time con il Ministero della Giustizia e la conseguente condanna del Ministero al pagamento delle differenze retributive medio tempore maturate, oltre oneri previdenziali e assistenziali; o in via subordinata per la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al risarcimento dei danni subiti a causa dell'assenza di qualsivoglia tutela assistenziale e previdenziale in favore dei giudici di pace derivanti da fatto illecito del legislatore."
Le richieste sono chiare, poiché il Giudice di Pace da anni svolge il suo incarico con dedizione, tanto che è stato più volte confermato, chiede che la sua posizione venga "regolarizzata."
Dipendenti pubblici o giudici a tutti gli effetti?
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Il Tar esamina prima di tutto la posizione giuridica dei Giudici di Pace e il loro inquadramento dal punto di vista lavorativo, ricordando che la giurisprudenza interna qualifica come "onorario" il servizio svolto da questi soggetti. Qualifica che però risulta incompatibile con gli elementi che caratterizzano il rapporto di pubblico impiego e che conduce al mancato riconoscimento delle ordinarie tutele previdenziali e assistenziali, della salute, della maternità, della famiglia e del diritto alle ferie.
Questa disciplina, secondo il Tar, non è conforme al diritto dell'Unione, anche alla luce dalla nozione di "lavoratore" condivisa in ambito Europeo, anche perché, a ben vedere, i giudici di pace svolgono funzioni giurisdizionali completamente assimilabili a quelle espletate dai giudici c.d. togati e/o in ogni caso a quelle svolte da un dipendente della Pubblica Amministrazione.
La parola alla Corte di Giustizia Europea
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Come precisa il Tar Emilia Romagna al termine della illustrazione della normativa italiana ed europea di interesse alla soluzione del caso, il fatto che il Giudice di Pace svolta funzioni onorarie, prima di tutto non esclude che, di fatto, sia un lavoratore subordinato a tempo pieno o parziale, in secondo luogo l'assenza di una disciplina contenete elementi precisi e concreti in grado di qualificare il suo rapporto di lavoro, non legittima alcuna forma di discriminazione.
Il Tar Emilia Romagna, con ordinanza n. 363/2020 giunge quindi alla conclusione che va rimessa alla Corte di Giustizia Ue la seguente questione, ovvero "se gli artt. 20, 21, 31, 33 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, le direttive n. 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato (clausole 2 e 4), n. 1997/81/CE sul lavoro a tempo parziale (clausola 4) n. 2003/88/CE sull'orario di lavoro (art. 7), n. 2000/78/CE (art. 1, 2 comma 2 lett. a) in tema di parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, ostino all'applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana di cui alla l. n. 374 del 1991 e s.m. e d.lgs. n. 92 del 2016 come costantemente interpretata dalla giurisprudenza, secondo cui i giudici di pace, quali giudici onorari, risultano oltre che non assimilati quanto a trattamento economico, assistenziale e previdenziale a quello dei giudici togati, completamente esclusi da ogni forma di tutela assistenziale e previdenziale garantita al lavoratore subordinato pubblico" e se "la clausola 5 dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE, osti all'applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana, secondo cui l'incarico a tempo determinato dei giudici di pace quali giudici onorari, originariamente fissato in 8 anni (quattro più quattro) possa essere sistematicamente prorogato di ulteriori 4 anni senza la previsione, in alternativa alla trasformazione in rapporto a tempo indeterminato, di alcuna sanzione effettiva e dissuasiva."
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Scarica pdf ordinanza TAR Emilia Romagna n. 363/2020