di Annamaria Villafrate - La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo con sentenza del 4 febbraio 2020 (sotto allegata) accoglie i ricorsi (n. 11264 e altri, Kruglov) di diversi avvocati e consulenti legali, con cui lamentano la violazione dell'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, che tutela il rispetto della vita privata e della corrispondenza. I professionisti ritengono infatti di essere stati vittime di perquisizioni e sequestri illegittimi presso i loro studi professionali e le loro abitazioni private. Per la Corte Europea colpire con un atteggiamento persecutorio e molesto chi esercita la professione legale equivale ad attaccare i principi fondamentali su cui si regge la Convenzione. Le perquisizioni, riconducibili alla nozione di "interferenza" sono infatti soggette a limiti ben precisi e da un'attenta opera di bilanciamento tra i diversi valori in campo. Ne consegue che, chi viola queste regole viola necessariamente la Convenzione.
- Diritto al rispetto della vita privata e familiare
- Avvocati ricorrono alla CEDU per opporsi a perquisizioni e sequestri
- Misure sproporzionate rispetto all'obiettivo
- Da considerare le possibili ricadute su lavoro e reputazione
Diritto al rispetto della vita privata e familiare
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I ricorsi avanzati alla CEDU da diversi avvocati e consulenti legali russi lamentano sostanzialmente la violazione dell'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, il quale al comma 1 afferma il diritto di ognuno di vedere rispettata la propria vita privata, familiare, il suo domicilio e la sua corrispondenza.
Sono ammesse ingerenze solo se previste dalla legge e se esser risultano necessarie a garantire la sicurezza pubblica e nazionale, il benessere economico, la difesa dell'ordine, la prevenzione dei reati e la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
Avvocati ricorrono alla CEDU per opporsi a perquisizioni e sequestri
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Da questa norma, il ricorso dei legali russi, sottoposti a procedure di perquisizione e sequestro di personal computer e hardware. Queste misure, adottate previa autorizzazione dei magistrati russi, interessano sia i loro studi professionali che le loro abitazioni private. I legali inizialmente si rivolgono ai giudici nazionali per far valere le loro ragioni, ma purtroppo non ottengono alcun riscontro positivo.
Da qui la decisione di adire la Corte di Strasburgo, che invece accoglie le loro istanze.
Misure sproporzionate rispetto all'obiettivo
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La CEDU ritiene infatti che i provvedimenti che hanno condotto alle perquisizioni sono contemplati dalla legge e sono finalizzate in effetti a raccogliere le prove necessarie per accertare la commissione di un reato e a perseguirlo. Esse tuttavia non sono compatibili con una società democratica perché non risultano proporzionate all'obiettivo da perseguire in quanto lesive di un principio essenziale come la segretezza delle conversazioni tra clienti e avvocati.
In casi come quello di specie, in cui si devono adottare provvedimenti di perquisizione o sequestro finalizzati alla raccolta delle prove necessarie per perseguire reati gravi, le autorità nazionali non possono prendere in considerazione solo la gravità dei reati da perseguire.
Affinché la perquisizione di uno studio legale o dell'abitazione di un avvocato risulti legittima le autorità competenti devono:
- procedere a una preliminare valutazione di bilanciamento tra tutela della riservatezza, rapporto fiduciario cliente-avvocato e necessità di proseguire le indagini;
- garantire il soggetto sottoposto alla perquisizione attraverso l'autorizzazione preventiva della misura o la sua convalida successiva;
- verificare che il reato per cui si procede è veramente grave;
- proseguire solo se si è in presenza di un ragionevole sospetto circa la presenza del materiale che si ritiene rilevante ai fini delle indagini;
- assicurare che vi sia il rispetto della riservatezza dei documenti che risultano coperti dal segreto professionale;
- fare in modo che alla procedura sia presente personale terzo competente, in grado di verificare se un documento può essere o meno rilevante ai fini dell'indagine;
- formulare il mandato in modo preciso, dettagliato e circoscritto per limitare la discrezionalità degli investigatori;
- controllare che venga rispettata la proporzione tra scopo perseguito e lesione della riserbo nella relazione cliente avvocato.
Da considerare le possibili ricadute su lavoro e reputazione
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La Corte rifiuta quindi l'automatismo applicato dai giudici, che li ha condotti a disporre provvedimenti di sequestro o perquisizione solo perché necessari a raccogliere le prove relative ad alcuni reati. Per la Corte europea è fondamentale valutare non solo gli aspetti sopra illustrati, ma anche gli effetti che tali provvedimenti possono avere sul lavoro e la reputazione dei legali. Le autorità nazionali che non valutano anche questi aspetti si muovono nella violazione della Convenzione.
Agli Stati quindi il compito di adottare tutte le misure necessarie a tutelare la confidenzialità delle comunicazioni tra cliente e avvocato, anche nel caso estremo in cui perquisizioni e sequestri sono necessari per provare la commissione di un reato.
Scarica pdf Cedu sentenza Kruglov 4 febbraio 2020• Foto: 123rf.com