di Lucia Izzo - Nel contratto RC stipulato dall'ospedale, la clausola che prevede che la copertura assicurativa operi in eccesso rispetto alle assicurazioni personali dei medici ivi operanti, va interpretata nel senso che, ferma restando la copertura a primo rischio della responsabilità dell'ospedale, la medesima polizza copre altresì a secondo rischio la responsabilità personale dei medici, secondo lo schema dell'assicurazione per conto altrui.
Ancora, poiché le polizze che operano in eccesso sono tali in quanto coprono il medesimo rischio di quelle da attivare per prime, deve ritenersi che anche l'attività dei medici non dipendenti (per i fatti che ricadono sulla responsabilità della struttura) sia comunque ricompresa nell'oggetto dell'assicurazione.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza 10825/2020 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di struttura ospedaliera.
- Responsabilità medico non dipendente della clinica
- Interpretazione contratto assicurazione
- Quando la copertura assicurativa opera in eccesso
- Polizza assicurativa multirischio
Responsabilità medico non dipendente della clinica
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La Corte d'Appello aveva riconosciuto la responsabilità professionale di un medico chirurgo che, non dipendente della struttura, aveva sottoposto un paziente presso la clinica ad un intervento di ernia discale dal quale era derivata una complicanza non tempestivamente diagnosticata. Il giudice a quo aveva dunque riconosciuto il danno biologico temporaneo conseguente al ritardo diagnostico e terapeutico e aveva condannato in solido il medico e la struttura al risarcimento del danno.
La Corte aveva, inoltre, respinto al domanda di manleva della clinica nei confronti della propria compagnia assicurativa, ritenendo che la polizza non operasse per i danni determinati dalla condotta del personale medico non dipendente, non ricompresi nella garanzia per la responsabilità civile verso terzi in forza delle condizioni generali di contratto e delle Condizioni Aggiuntive alla polizza.
In Cassazione, la struttura sanitaria contesta l'operato del giudice di merito poiché questi avrebbe affermato l'inoperatività della polizza in forza di una errata interpretazione delle condizioni generali di contratto, senza verificarne la valenza rispetto alla ratio dell'intero testo contrattuale ed articolando una valutazione atomistica di esse.
Interpretazione contratto assicurazione
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Gli Ermellini rammentano che, "in tema di interpretazione dei contratti, è prioritario il canone fondato sul significato letterale delle parole, di cui all'art. 1362, primo comma, c.c., sicché, quando esso risulti sufficiente, l'operazione ermeneutica deve ritenersi utilmente, quanto definitivamente, conclusa" (cfr. Cass. 5595/2014).
Tutta, proprio nella materia assicurativa, è stato precisato che il contratto va redatto in modo chiaro e comprensibile e che, "il giudice non può attribuire a clausole polisenso uno specifico significato, pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all'ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., ed, in particolare, a quello dell'interpretazione contro il predisponente, di cui all'art. 1370 c.c." (cfr. Cass. 668/2016).
La polizza assicurativa nel caso di specie
Nel caso in esame, secondo le CGC, l'assicurazione aveva ad oggetto la garanzia nei casi in cui l'assicurato contraente avesse dovuto pagare una somma, quale civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento dei danni involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di "un fatto verificatosi in relazione allo svolgimento dell'attività per la quale è prestata l'assicurazione".
Tale clausola, per i giudici, contiene una previsione di carattere omnicomprensivo che include la responsabilità della struttura in generale, cioè sia per fatto proprio sia per fatto altrui, che si debba assumere secondo le regole civilistiche di cui all'art. 1228 del codice civile. Proprio il riferimento "all'attività per la quale è prestata l'assicurazione" per gli Ermellini ha portata talmente inclusiva da comprendere anche il fatto altrui.
Ancora, la polizza esaminata, da un lato, estende tale garanzia alla responsabilità civile personale dei dipendenti, compresi medici e paramedici, e con altra clausola esclude dalla copertura la responsabilità "personale" dei medici, paramedici e di altri lavoratori non dipendenti e non già per la responsabilità della struttura derivante da fatti commessi da tali operatori.
Quando la copertura assicurativa opera in eccesso
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Tuttavia, gli Ermellini tengono conto anche della previsione delle Condizioni Aggiuntive di polizza secondo cui la garanzia opera sempre in eccesso (e cioè a secondo rischi) rispetto alle assicurazioni dei medici e degli altri operatori non direttamente dipendenti dal contraente assicurato.
Si tratta di una previsione svincolata, in termini esegetici, dall'esclusione contemplata dalle CGC, riferita invece, alle polizze assicurative a primo rischio stipulate da medici (e altri operatori) non dipendenti che devono sempre essere attivate prima di esigere l'operatività di quella in esame, contratta dalla struttura sanitaria anche a loro favore, sia pur con i limiti sopra descritti.
A riguardo, la Cassazione richiama il principio (cfr. Cass. 4936/2015) secondo cui, nel contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un ospedale (assicurazione per conto proprio), la clausola che prevede che la copertura assicurativa "operi in eccesso rispetto alle assicurazioni personali dei medici" ivi operanti vada interpretata nel senso che, ferma restando la copertura a primo rischio della responsabilità dell'ospedale, la medesima polizza copra altresì a secondo rischio la responsabilità personale dei medici, secondo lo schema dell'assicurazione per conto altrui (art. 1891 c.c.)
Polizza assicurativa multirischio
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Secondo tale principio di diritto, affinché un contratto di assicurazione possa "operare in eccesso" rispetto ad altra polizza, è necessario:
- che i due contratti coprano il medesimo rischio;
- che, qualora un medico operante all'interno di una struttura sanitaria abbia stipulato una "assicurazione personale", questa non possa che coprire la responsabilità civile del medico stesso;
- che, infine, l'assicurazione della responsabilità civile del medico operante all'interno d'una struttura sanitaria abbia ad oggetto un rischio del tutto diverso rispetto a quello coperto dall'assicurazione della struttura in cui il medico si trova ad operare.
La Corte, condividendo tale ricostruzione, ritiene che la formulazione della polizza in esame impone di applicare un criterio esegetico (ex artt. 1362 e 1363 cc.) che dia un senso compiuto e logico, rispetto alla funzione del contratto e agli interessi da salvaguardare (trattasi di una polizza assicurativa multirischio), alla copertura della responsabilità "personale" dei medici "non dipendenti".
In sostanza, poiché le polizze che operano in eccesso sono tali in quanto coprono il medesimo rischio di quelle da attivare prima, da tale pattuizione deve desumersi che l'attività dei medici non dipendenti (per i fatti che ricadono sulla responsabilità della struttura, come quello oggetto di condanna) era comunque ricompresa nell'oggetto dell'assicurazione.
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