Gli artt. 1933 e ss. del codice civile disciplinano la rilevanza giuridica dei debiti di gioco, sancendo l'irripetibilità del pagamento spontaneo

Irripetibilità del debito di gioco

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Il gioco e la scommessa sono contemplati e disciplinati dal codice civile nell'ambito del titolo dedicato ai singoli contratti.

Va notato, però, che la disposizione principale appare, in materia, quella contenuta nell'art. 1933 c.c., che sancisce l'irripetibilità del pagamento del debito di gioco, sebbene, in mancanza, al vincitore non spetti il diritto ad agire in giudizio.

Giochi che danno diritto all'azione per il pagamento

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Fondamentalmente, il codice distingue tra giochi per i quali sia concessa l'eventuale azione per ottenere il pagamento, giochi per i quali tale azione non sia prevista (come abbiamo visto sopra) e giochi che non siano affatto consentiti dall'ordinamento.

In particolare, gli artt. 1934 e 1935 c.c. si riferiscono, rispettivamente, alle competizioni sportive e alle lotterie autorizzate, e attribuiscono al vincitore il diritto di agire in caso di mancato pagamento.

Quanto alle prime, è previsto che il giudice abbia facoltà di ridurre o addirittura rigettare la domanda proposta dal soggetto vincitore, qualora ritenga che l'importo della posta in palio fosse eccessivo, tale da far venire meno, in sostanza, il carattere prettamente sportivo della competizione.

Le lotterie autorizzate

Quanto alle lotterie autorizzate, che danno diritto al vincitore di agire in giudizio per ottenere il premio previsto, possono annoverarsi tra queste, ad esempio, i comuni gratta e vinci.

La giurisprudenza ha chiarito che nel concetto di scommessa autorizzata rientrano anche altre operazioni fondate sull'alea del risultato, sebbene non corrispondano al concetto di scommessa così come inteso nel senso comune.

Il riferimento è, in particolare, alle operazioni finanziarie come quelle sui derivati, che consentono di agire in giudizio per il pagamento e alle quali, pertanto, non si applica il disposto dell'art. 1933 c.c. (cfr. Cass. civ. n. 9996/14, nonché la normativa specifica in materia di intermediazione finanziaria).

Il debito di gioco come obbligazione naturale

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Come si diceva più sopra, diversamente dai casi appena esaminati, i debiti di gioco non sono protetti dall'ordinamento, se non nella misura in cui il vincitore sia autorizzato a trattenere il pagamento spontaneamente effettuato dal soggetto perdente (a condizione che il gioco non sia proibito dalla legge).

La previsione dell'art. 1933 si riferisce, pertanto, al concetto più generale di obbligazione naturale, di cui all'art. 2034 c.c., secondo cui "non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali".

Il pagamento di un debito di gioco, pertanto, rappresenta l'adempimento di un dovere di ordine etico e non giuridico, che fa leva sui comuni concetti di onore o reputazione del giocatore. Il gioco e la sommessa, in questo caso, non rientrano nelle fonti di obbligazione (giuridica e non meramente naturale) di cui all'art. 1173 c.c.

Condizioni dell'irripetibilità del pagamento

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È importante precisare che l'irripetibilità del pagamento del debito di gioco deve scontare tre condizioni fondamentali:

  • che il pagamento sia stato spontaneo
  • che non vi sia stata frode
  • che il perdente non fosse incapace

Al proposito, va rilevato che non rileva l'eventuale frode del debitore stesso. Se, però, il vincitore si si sia aggiudicato la scommessa con l'inganno, egli sarà tenuto a restituire la somma pagata spontaneamente dal perdente.

Infine, quanto alla capacità del soggetto perdente, per aversi irripetibilità della prestazione essa deve sussistere al momento del pagamento e non, necessariamente, nel corso del gioco (che, come detto, rappresenta una situazione sostanzialmente priva di rilevanza giuridica).

Vedi anche la nostra guida sul gioco d'azzardo


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